Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/627

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«— Ebbene! visir,» disse il califfo, «persisti ancora nel tuo parere? Tu sai che Alaeddin era sunnita, e questo disgraziato, come vedi, è settatore di Alì.

«— Dio solo,» sclamò il visir, «conosce ciò ch’è nascosto; vedo infatti essere difficile il decidere se questo cadavere sia quello di Alaeddin o di qualche altro.»

Il sultano delle Indie non potè trattenersi dal sorridere, udendo le risposte ingenue del buon Giafar al califfo. Il giorno spuntava, ed egli si alzò per andar a presiedere il consiglio; e la notte seguente, Scheherazade continuò il racconto in questi sensi:

NOTTE DXI

— Il califfo avendo ordinato di rendere gli ultimi uffizi al cadavere, rientrò nel palazzo, e la cura degli affari dell’impero cancellò in breve nella sua mente la memoria d’Alaeddin. Vediamo ora ciò che accadeva nella casa del wali.

«Abdalum Bezaza non potè approfittare del delitto che avevalo reso possessore della schiava d’Alaeddin; l’amore ed il dispiacere di veder la sua passione mal corrisposta, lo fecero discendere in poco tempo nella tomba.

«La sventurata Gelsomina, giunta al termine della sua gravidanza, sgravossi d’un fanciullo bello come il sole. Le sue compagne avendole chiesto che nome volesse imporgli: — Aimè!» rispos’ella; «se vivesse ancora suo padre, gli darebbe egli stesso il nome, ma poichè non è più, voglio che questo caro bimbo si chiami Aslan. —