Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/685

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«Il vecchio prese le dieci pezze d’oro, staccò la barca e la diresse nell’ombra prodotta dalla gondola montata dal falso califfo. Giunti fuori della città, e presso alle ville ed ai giardini dei dintorni, la gondola avvicinossi alla riva ed approdò nel fondo d’un golfo che formava un bacino naturale davanti ad una terrazza magnifica, illuminata, come anche i giardini interni, da una moltitudine infinita di fuochi di vari colori.

«Il falso califfo, saltato leggermente a terra, montò su d’una mula che si teneva allestita, ed avanzossi in mezzo ad una fila di schiavi muniti di fiaccole, che facevano risuonar l’aria di queste parole: — Viva il sovrano Commendatore dei credenti! Che Dio prolunghi il suo regno e lo colmi di benedizioni! —

«Aaron Alraschild, Giafar e Mesrur, discesi sulla riva, accostaronsi al corteggio e si mescolarono alla folla. Alcuni schiavi, vedendo tre persone sconosciute, e che sembravano mercanti, arrestatili, li condussero dinanzi al falso califfo.

«— Chi siete voi?» chiese loro, guardandoli attentamente. «Come veniste fin qui, e qual affare vi può aver condotti a quest’ora?

«— Signore,» rispose Giafar, «noi siamo mercanti stranieri che torniamo nel nostro paese. Partimmo stasera da Bagdad coll’intenzione di viaggiar tutta la notte; seguivamo la nostra strada, quando la vostra gente, incontrandoci, ci condussero al vostro cospetto.

«— Rassicuratevi,» disse loro il finto califfo con bontà, «non avete nulla a temere perchè siete stranieri; ma se, per disgrazia, foste stati di Bagdad, vi avrei sul momento fatti decapitare. — «Voltosi poscia verso il suo gran visir: — Abbiate cura di questi mercanti,» disse, «che stasera li invito a cena con me. —