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Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/714

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cipe, con nuove istanze, il soggetto del suo dolore, aggiungendo che, se non poteva ottenerlo, bisognava fingesse di uccidersi. Il re approvò il consiglio.

«Said, dopo averlo implorato invano, disse al principe: — E che! signore, voi mi amate, voi dite che i sentimenti d’amicizia vi sono noti, e potete rifiutarvi ad istruire un amico, il quale può almeno sollevarvi nelle vostre pene, se voleste confidargliele? No,» sclamò poi, «purtroppo il veggo, e non voleva crederlo: l’amicizia non è fatta per i principi; io voglio castigarmi d’averla sentita per voi, e d’essere così stato ingannato dal mio cuore.» A tali parole, sguainò il pugnale, ed era tanto commosso, che la storia narra sarebbesi veramente ucciso, se il principe non si fosse precipitato su di lui con trasporto a trattenergli il braccio. — Caro Said, non attentate ai vostri giorni!» sclamò; «che sarebbe di me se vi perdessi? Voi sarete soddisfatto. —

«Il suo viso si coprì allora d’un rossore, che provava l’imbarazzo dell’animo. — Ma come confessare,» riprese, «un sentimento che mi farà perdere la vostra stima e quella delle persone sensate? Guardate il soggetto del turbamento del mio cuore,» aggiunse, mostrandogli il ritratto. Said lodò la sua scelta, ne lusingò la passione, e disse: — Non avvi in tutto il mondo una donzella che si possa rifiutare al principe d’Egitto. — Ma io non la conosco,» riprese Seifutmulok, «e ne posseggo soltanto il ritratto: son forse cent’anni e più che quest’oggetto più non esiste; giudicate della mia onta o del mio dolore.»