Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/72

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«— Sono dunque costoro,» disse Schaibar, «che gliene diedero di cattivi. —

«Ciò detto, scagliossi contro gli altri visiri a destra ed a sinistra, tutti favoriti ed adulatori del sultano, e nemici di Ahmed. Tanti colpi, tanti morti, non isfuggendo se non quelli, de’ quali non s’impossessò lo spavento sì da renderli immobili, ed impedir loro di procurarsi salva la vita colla fuga.

«Terminata la terribile esecuziohe, uscì il nano dalla sala del consiglio, e nel mezzo del cortile, colla stanga di ferro in ispalla, guardando il gran visir che accompagnava Ahmed, al quale era debitore della vita:

«— So;» disse, «esservi qui una certa maga, più nemica del principe mio cognato che i favoriti indegni testè castigati; voglio che mi sia condotta.» Il gran visir mandò a cercarla, e quando fu alla presenza del formidabil nano, questi, scaricatale addosso la sua stanga: — Impara,» le disse, «a dar consigli perniciosi ed a far la malata.» La maga rimase morta sul colpo.

«— Non basta,» aggiunse Schaibar; «accopperò tutta la città pur anco, se non riconosce sul momento il principe Ahmed, mio cognato, per sultano delle Indie. —

«Subito gli astanti, appena udito il decreto, fecero risuonare l’aria gridando ad alta voce: — Viva il sultano Ahmed!» Ed in breve tutta la città eccheggiò dell’egual acclamazione e proclamazione nel medesimo tempo. Schaibar lo fece vestire dell’abito di sultano dell’Indie, lo installò sul trono, e fattegli prestare l’omaggio ed il giuramento di fedeltà a lui dovuto, andò a prendere la sorella Pari-Banù, e condottola con grandissima pompa, la fece parimenti riconoscere per sultana dell’Indie.»