Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/723

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«Naz-Rayyar, di ritorno a Babilonia, vi portò la tristezza che non avevalo mai abbandonato dopo la di lui separazione dalla moglie, e trascurati gli affari, li lasciò andar in disordine. Le sue ricchezze avendogli creato molti invidiosi, i ministri, approfittando delle calunnie che spargevansi contro di lui, trovarono il modo di spogliarlo di tutti i suoi beni, e togliergli il governo: in una parola, quell’uomo sì nobile e distinto, fu costretto a ricorrere alla carità dei fedeli per arrivare al Korassan, non restandogli, di tante dovizie, che il diamante ricevuto dal principe, e da lui sempre conservato.

«Benchè avvezzi nelle Indie a queste improvvise rivoluzioni pei frequenti esempi, sono però sempre terribili a sostenersi. Tuttavia Naz-Rayyar prese la cosa da uomo che conosceva la fortuna, tanto più pazientemente in quanto diceva: — Io andrò nel Korassan, e mi presenterò al re; egli sarà senza dubbio commosso della mia miseria e dello stato in cui sono ridotto.» Ma non osava confessarsi che aggiungeva pure fra sè: — Potrò fors’anco rivedere mia moglie. —

«Giunse finalmente nel Korassan, dopo incredibili disagi. Quando fu alla porta del palazzo, disse al primo ufficiale che incontrò: — Io vi prego di portare questo diamante al vostro padrone; fategli noto lo stato in cui mi trovo, e ditegli che aspetto i suoi ordini.» L’ufficiale adempì alla commissione; il re comprese tosto che la fortuna perseguitava l’amico, ed accostatosi ad una finestra, fu commosso vedendolo in quello stato. Allora ordinò all’ufficiale di andar a consegnare il suo gregge di pecore all’uomo che gli aveva dato quel diamante, ingiungendogli di averne cura, e venire a rendergliene conto dopo un anno.

«Naz-Rayyar fu assai sorpreso al ricevere quell’ordine. — È questa,» sclamò, «la gratitudine