Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/769

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NOTTE DXLV

— Mehemmet volle sapere che cosa desiderava il genero, e quando ne fu edotto, non solo approvò il suo disegno, ma assicurollo che quella purificazione era necessaria dopo la cerimonia dell’imano; e chiamati vari schiavi, fece condurre Naerdan ai bagni deliziosi preparati nella stessa casa, e si mise a tavola cogli altri convitati. Tornato il giovane, lo introdussero nell’appartamento delle donne, per dormire colla sposa.

«Quand’ebbe provato i piaceri che dovevano, secondo lui, bandire Guzulbec dal suo cuore, sentì con dolore ch’erale affezionato non meno di prima.

«Quelle idee lo tennero occupato alcun tempo, ma infine dovette cedere al sonno. Prima dello spuntar del giorno, lo destò un bisogno urgente cui non poteva però soddisfare, non osando alzarsi, nè fare il menomo movimento, per tema di risvegliare la bella sposa, la cui testa posava sul suo braccio. Finalmente, non potendo più reggere, ritirò il braccio il più dolcemente che gli fu possibile; ma qual fu la sua meraviglia, quando vide quella bella testa, vero capolavoro della natura, staccarsi dal corpo, e cader giù dal letto, rotolando sino alla porta! All’orrendo spettacolo, egli dimenticò i suoi bisogni, e rimase immobile di terrore.

«Era già qualche tempo in quella crudele situazione, quando Mehemmet mandò per sapere come gli sposi avessero passata la notte: si trovò la porta chiusa. Il misero Naerdan non era in caso di aprirla.