Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/154

Da Wikisource.

140


stra voce, e l’argomento delle vostre strofe mi hanno rapito al di là di quanto vi sappia esprimere.» Inchinossi la fanciulla a quei detti, e cantò la strofetta seguente:

«- «Gli uomini non risparmiano cure nè fatiche per ottener onori ed ammassare ricchezze, delle quali sperano di godere eternamente. Vani sforzi! fisso è sin dal dì natale il conta ch’essi devono rendere al cielo ed il momento della loro morte.»».

«Il senso di questi ultimi versi finì di convincere il sultano ch’era riconosciuto. La sorella proseguì a cantare sino allo spuntar del giorno, ed allora, lasciati per un momento i falsi dervis, fece preparar loro da colazione. — Spero,» disse poi, «che tornerete a trovarci stasera dopo la prima ronda, ed accetterete di nuovo la nostra ospitalità.» Il sultano lo promise, e se ne andò allettato oltremodo dei talenti e delle grazie delle tre amabili sorelle.»

NOTTE DLXXVIII

— La notte appresso, il principe ed il suo ministro, sempre travestiti, si recarono alla casa delle tre sorelle, muniti d’alcune borse piene di pezze d’oro. Ricevuti cogli stessi riguardi, dopo la cena si parlò di cose diverse sino all’ora della preghiera della prima ronda. Allora, alzatosi, ognuno, fece le sue abluzioni e pregò: adempito ai sacri doveri, il sultano offerì alla più giovane delle sorelle una borsa di mille pezze pei bisogni più urgenti. Essa ringraziollo, facendo un profonda riverenza, e baciò la mano al falso