Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/205

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faville delle gemme potranno lusingarti i sensi e dissipare il tuo affanno. — Visir, non v’ha più felicità per me su questa terra, e l'Eterno solo deve occupare i miei pensieri. S'egli avesse voluto vedermi felice quaggiù, m’avrebbe concesso di divenir padre. —

«Appena pronunziate tali parole, un vecchio, che l'ascoltava, accostatosi, gli favellò di tal guisa: — Principe, io ereditai da’ miei antenati una ricetta, che procura la fecondità a chiunque l’usa, ed io ve l'offro di tutto cuore.» Accettò il sultano, ed in capo a qualche mese una delle donne del serraglio trovossi incinta, alla qual fausta notizia il sultano ordinò grandi allegrezze, e fe’ distribuire ai poveri molte elemosine. Finalmente la principessa mise alla luce un leggiadro bambino, ed il sultano ne fu sì lieto, che pose in serbo la metà dei suoi tesori per l’erede del trono. Intanto il bambolo fu consegnato alle cure delle migliori nutrici, e giunto al settimo anno, gli si diedero abili maestri per istruirlo nel Corano e nei vari rami dello scibile. Nè meno coltivata ne fu l’educazione fisica: all’età di dodici anni il principino sapeva montare a cavallo, tirar l’arco, e maneggiare la lancia, talchè poteva riguardarsi come il miglior scudiero del regno.

«Un giorno, trovandosi a caccia nei dintorni della capitale, vide comparire, aleggiando e roteando per l’aria, un uccello colle penne del più bel verde che avesse veduto. Scoccò il principe una freccia, ma non colse l’augello, che disparve. Il giovinetto gettava invano lo sguardo da tutti i lati nella speranza di scoprire la desiderata preda; l’uccello se n’era ito, ed il povero cacciatore, dopo averlo cercato indarno sino a sera, tornò tutto mesto alla reggia paterna. Colpiti i suoi genitori dall’aria triste sparsa sulla di lui persona, lo pregarono di confidar loro le sue pene, cosa ch’ei fece al momento istes-