Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/220

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NOTTE DLXXXIX

— «Frattanto l’Ebreo, al quale il pescatore aveva trafugato il gallo e l’anello magico, voleva mettersi in viaggio per cercar di ricuperare il tesoro, ma saputo in breve lo spostamento della montagna e l’erezione del palazzo, pensando non si avesse potuto eseguire tal meraviglia se non col mezzo del suo anello, ruminò fra sè qualche strattagemma per rimettersi al possesso del suo bene. Travestitosi da mercatante, recossi al palagio, annunziando di aver preziosi gioielli da spacciare. Mandò la principessa uno ischiavo per esaminarli e saperne il prezzo; ma l’Ebreo rispose non avrebbe preso se non anelli vecchi in cambio.- La principessa allora, ricordandosi che suo marito ne teneva uno vecchio ed assai brutto in un cassettino, trafugatolo mentr’ei dormiva, lo mandò al mercatante, il quale, riconosciutolo, consegnò subito tutti i suoi gioielli, e se ne partì ratto; avendo poi sfregato il talismano, comandò ai geni di trasportare il palazzo con tutti gli abitanti, tranne il figlio del pescatore, in un’isola lontana e deserta; cosa che fu in un lampo eseguita. Allo svegliarsi, lo sposo della principessa trovossi coricato sul monte di sabbia, che aveva ripreso l’antico suo posto; alzossi, e temendo l’ira del sultano per la perdita della figliuola, fuggì in un altro regno. Trascinava la vita nel dolore e nella miseria, non sussistendo se non per la vendita di alcuni gioielli che adornavano gli antichi suoi abiti, quando un giorno, vagando per la città, incontrò un uomo, che gli offerse di vendergli un cane, un gatto