Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/227

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gendo un affare di tanta importanza gravi e mature riflessioni. Allorchè Abu-Niut fu partito, i visiri rappresentarono al re come fosse d’uopo che il marito di sua figlia possedesse per lo meno grandi dovizie; imperocchè, quantunque colui avesse scacciato lo spirito maligno, se non poteva mantenere la principessa in modo corrispondente all’alta sua nascita, certo non meritava di possederla. Lo consigliarono adunque a scegliere un certo numero de’ suoi più preziosi gioielli, mostrarli al forestiero e chiedergliene d’egual valore per dote della principessa, promettendogli che qualora potesse presentarne di simili, sarebbe accettato per genero; ma, in caso diverso, dovea contentarsi, pe’ suoi servigi, d’una ricompensa meno ambiziosa.

«La mattina dopo, allorchè Abu-Niut tornò al palazzo, il sultano, schieratigli dinanzi i più preziosi gioielli, gli dettò le condizioni; questi, guardando le gemme con certo qual dispregio, annunziò al principe che il giorno appresso glie ne presenterebbe dieci volle tanto, e d’un valore superiore d’assai. La qual promessa fece stupire tutta la corte, essendo noto che, fra tutti i principi, il sultano di Mossul era quello che possedeva le più belle gemme.

«Ritiratosi Abu-Niut, andò al mercato, e fatto l’acquisto d’un gallo tutto bianco, e portatolo a casa, lo custodì sino al sorger della luna. Allora, uscito solo dalla città, si recò alla collina di terra azzurrognola, che il secondo genio aveva dipinta siccome quella che nel suo seno celava infiniti tesori. Giunto alle falde, e salito sulla vetta, tagliò il collo al gallo, ed appena cominciava a colarne il sangue che, scossa la terra, presentò subitamente un’apertura, attraverso la quale Abu-Niut scoprì, con grande allegrezza, un mucchio di gemme d’inestimabil valore e di moltissime specie. Corse allora alla città, e procuratisi dieci