Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/257

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a tristi riflessioni, cadde in profondo letargo, e sognò che apparsogli un genio, gli dicesse: — Sultano, alzati, va stanotte a visitare il tuo serraglio, e la fortunata donna che avrà diviso teco il talamo, ti renderà padre. Se è un maschio, questo figlio rialzerà la gloria della tua casa; ma se una femmina, sarà cagione della rovina e morte tua.» Obbedì egli alla voce, e nel termine prefisso dalla natura, la favorita si sgravò d’una bambina, con estrema afflizione de’ genitori, i quali avrebbero data la morte all’innocente creatura, se l’infantile suo sorriso non ne avesse disarmata la collera. Fu elevata nel più severo ritiro, e verso i dodici anni il sultano la fece condurre in una cittadella fabbricata in mezzo a profondo lago, sperando, col tenerla così rinchiusa, d’impedire il compimento della fatal predizione. Del resto, nulla è da paragonarsi alla magnificenza del soggiorno della giovane principessa. Eransi lasciate con lei varie fanciulle che possedevano i talenti più graditi e propri a render piacevole la solitudine. Ma ad ogni uomo restava vietato di accostarsi neppure alle rive del lago, tranne a coloro che recavano le provvigioni per uso del castello, ed anche allora faceansi rientrare le vezzose prigioniere nei rispettivi appartamenti. La porta della cittadella era confidata ad una vecchia nutrice della principessa, e per tre anni la bella Haifa (così chiamavasi la giovane reclusa) visse felice nella brillante sua prigione; ma il decreto della sorte è inevitabile: un avvenimento sconvolse le misure sì ben prese da Mir Gyhane.

«Il figlio del sultano di Sind, il giovane Gioseffo, principe libertino, avendo altercato col padre, abbandonò la corte, e seguito da picciol numero di servi, venne a cercar asilo negli stati di Mir Gyhane. Curioso di conoscere gli abitanti d’una cittadella costrutta in mezzo all’acque, traversò a nuoto il lago,