Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/315

Da Wikisource.

297


al giorno del giudizio! — Dormi con me,» riprese il re, «o ti faccio tagliare la testa.» Alisciar non vide alcun mezzo per uscire da sì crudele situazione; pure risolse di tutto sfidare piuttosto che esser infedele alla sua cara Smeraldina. Allora il re, accostandosi, si inchinò sul giovane, il quale sentì l’avvicinamento d’un seno palpitante, il cui contatto gli tolse il respiro. — Sia lodato Iddio!» disse tra sè; «il re mandò in sua vece una delle sue donne, e non ci sarebbe alcun male ad arrendermi alle costei brame, se non avessi giurato inviolabile fedeltà all’amata del mio cuore.» Nondimeno, quella nuova amante incalzava sì vivamente il povero Alisciar, ch’egli era tutto fuor di sè, e l’amor suo per Smeraldina ebbe a sostenere una lotta tremenda. Eppure la sua virtù trionfo, e Smeraldina, vedendo impossibile di farne vacillare la fedeltà, fu talmente trasportata di gioia, che proruppe in una grande risata e sì diede a riconoscere al suo diletto, il quale si credè trasportato al settimo cielo. — Ebbene,» gli diss’ella, «vuoi ancora far pompa di resistenza? — No, no, mia regina,» rispose Alisciar, «ben veggo che non bisogna resistere ai re. Intendo, ed obbedisco colla testa e cogli occhi. —

«I due sposi passarono la notte nell’ebbrezza dell’amore. Allorchè la domane gli schiavi si presentarono per assistere al destarsi del re, furono maravigliati al vederlo cangiato in donna. Smeraldina adornossi degli ornamenti del suo sesso, e fatto adunare le truppe ed i grandi del regno:

«— Miei cari e fedeli sudditi,» disse loro, «affari della più alta importanza mi costringono a intraprendere un viaggio nella lontana patria di questo straniero. Scegliete alcuno per governarvi sino al mio ritorno, e prego Dio che, per tutto tal tempo, vegli su di voi o vi colmi della sua misericordia. —

«I consiglieri di stato adempirono sul momento