Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/368

Da Wikisource.

350


accordate voi la preminenza ad Alì sopra Abbas? —

«Si avvide la schiava come questa fosse questione molto delicata, e che dispiacerebbe al califfo dichiarandosi per Ali, poichè egli era discendente di Abbas. Dopo un momento di riflessione, disse dunque; — Non veggo veruna preminenza; hanno amendue egual merito. — Brava! bravissima!» sclamò il califfo all’udire quella risposta. — Ho ancora varie altre interrogazioni da farvi,» ripigliò Ibrahim figlio di Nasami. — Ebbene! sentiamo. — Cosa è più dolce del miele? Cosa più tagliente della sciabola? Che cosa più rapido del pesce? Qual è il godimento d’un attimo? Quale il riposo di tre giorni? Quale il bene e l’avere d’un giorno? Qual è la festa onde risulta un bene generale per la società? Quale il debito che sono costretti a pagare anche i più pessimi debitori? Quale il martirio che ci segue sin nella tomba? In che consiste la gioia del cuore? Qual è la schiavitù dell’anima? Quale la malattia contro cui non v’ha rimedio? Quale l’onta incancellabile? Qual è l’animale che devasta i campi coltivati, che compiacesi dei deserti, e riunisce la forma e la natura di sette animali selvaggi? — Ecco ampia materia di risposte,» disse Teveddud, «ma per tenermi in lena, spogliatevi del vostro mantello, affinchè me ne impossessi se rispondo in modo soddisfacente ai vostri quesiti.» Il califfo ordinò ad Ibrahim di levarsi il mantello, e Teveddud rispose in tal guisa:

«— L’amore dei figliuoli è più dolce del miele; la lingua, più tagliente della sciabola; il malocchio, più rapido del pesce; il godimento d’un istante, quello dell’amore; il riposo di tre giorni è quello onde godono gli uomini all’epoca in cui le mogli trovansi mensilmente incomodate; il bene e l’avere d’un giorno è il benefizio che si fa nel commercio allorchè spesso si perde la domane ciò che si è guadagnato