Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/453

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pianta ed ogni pietra gli rivelarono le proprie virtù o le proprietà loro, di modo che Giamaspe fu subito dotto naturalista, medico, chimico e mago. Arricchito di tutte queste cognizioni, si presentò al re.

«Giamaspe cominciò dal partecipargli la morte del gran visir, che il re pianse, come anche gli altri visiri. — Ma stava così bene un momento fa!» disse il re; «e come mai morì sì repentinamente? — Volle bere l’elisir della sapienza,«rispose Giamaspe; «ma prese invece un altro vaso pieno d’una bevanda perniciosa, la quale produsse sì strano effetto, che il visir, gonfiandosi a vista d’occhio, rimase privo di vita. Però vostra maestà non deve inquietarsene; posso guarirla io: voglia soltanto la maestà vostra mangiare un po’ di questa carne della regina de’ serpenti.» Avendone il re mangiato, si pulì la bocca, e risentì interiormente un calore che fu in breve seguito da brividi. Allora Giamaspe gli fe’ dare una leggiera pozione, invitandolo poi a dormire alquanto. Il re seguì questo regime per tre giorni interi, in capo a’ quali cambiò la pelle dalla testa a’ piedi. Il medico gli consigliò d’andar al bagno, e ne uscì del tutto guarito e candido come l’argento; Guserdan ordinò quindi di celebrare una festa magnifica, nella quale tenne il giovane al suo fianco. Tutta la corte fece al sultano le sue congratulazioni per la ricuperata salute, ed il principe, ringraziati i ministri ed i grandi dell’impero, sollevò Giamaspe alla dignità di primo visir; poi dis-

    che dotato non sia della facoltà di farsi intendere in modo sensibile od intellettuale. All’uomo solo è riservato l’uso della parola; ma sembra che anche l’altre creature animate od inanimate esprimansi in un linguaggio figurato di cui somministrano l’intelligenza la lor maniera di essere, la proprietà, le abitudini loro. Chiamasi tal linguaggio, linguaggio dello stato o della condizione, il che si può esprimere col dirlo linguaggio muto.