Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/487

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poveri, promettendo altri cibi per la cena. Ed in fatti li trattò la sera splendidamente, e così fu nel giorno appresso e ne’ dieci altri successivi. Veramente, » dissero tra loro i due prodighi, «nostro fratello Giuder è diventato un gran mago, poichè ci può trattare in tal modo senza aver d’uopo di cucina.» Approfittarono della sua assenza per istrappare alla madre il segreto confidatole dal figliuolo, ed essendosi la gelosia ed il dispetto impadroniti di loro, pensarono di far perire Giuder, immaginandosi che possedendo quel sacco, non avrebbero più bisogno d’altro. Andati a trovare un capitano di nave che trafficava di schiavi, gli dissero che aveano un pessimo soggetto per fratello, il quale minava tutta la famiglia, e convennero di vendergli Giuder per quaranta pezze d’oro. Non trattavasi più che di trovar l’occasione di consegnarlo al capitano. A tal fine, i due scellerati chiesero al fratello il permesso d’invitare a cena tre amici, e col di lui consenso, si diede loro uno splendido convito. Ritiratasi la madre, i tre ribaldi, aiutati dai due fratelli, precipitaronsi sul giovane, gli posero una sbarra in bocca e lo condussero a Suez, dove rimase schiavo un intiero anno, facendo intanto i due scellerati credere alla madre che gli ospiti avuti a cena erano Mogrebini, i quali avevano condotto con loro Giuder per cercare nuovi tesori. Pianse quella amaramente, ed i due suoi snaturati figli la maltrattarono per le lagrime che l’assenza del giovane le strappava. Si divisero quindi l’oro ed i diamanti, ma non poterono aggiustarsi sul possesso del sacco incantato. Invano la madre propose di lasciarlo a lei, promettendo di somministrar loro ad ogni pasto tutto ciò che sapessero desiderare; non vollero acconsentirvi, e trascorsero gran parte della notte in contrasti, sinchè passando a caso la guardia, i soldati, attirati dallo strepito, accostaronsi