Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/632

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«Allorchè Zein-al-Mevassif (era il nome di quella seducente beltà! ebbe udita quella dichiarazione d’amore, scossa sin al fondo dell’anima, rispose con parole che davano speranza a Mesrur, benchè paressero dire il contrario. Egli si pose con lei a tavola, e s’intertennero insieme fin a notte inoltrata. — Mesrur,» gli disse allora la giovane, «ho bisogno di distrarmi; volete giocare con me una partita di scacchi?» Dietro suo consenso, portarono uno scacchiere d’ebano e d’avorio, coi pezzi d’oro e d’argento. — . Volete i rossi od i bianchi?» domandò Zein-al-Mevassif. — Prendete i rossi, signora,» rispose Mesrur; «il rosso è il colore delle gazelle, e sotto tal rapporto, vi conviene perfettamente. — Può essere,» quella rispose, e si mise ad accomodare i suoi pezzi.

« Mesrur strabiliò allorchè, giocando, vide le dita della giovane, chè in sua vita non avea veduto dita sì eleganti e sottili. — Ah!» sclamò, «quanto è pericoloso giuocare a scacchi contro simili dita. — Badate a voi,» rispos’ella, «se non volete perdere: scacco al re! scacco ad re! e matto. —

«La dama, vedendo che l’ospite più non era in sè: — Onde rendervi più attento,» disse, «giuocheremo per ogni partita una somma: se perdete, mi darete dieci zecchini; se guadagnate, non avrete nulla. — Benissimo,» rispose l’altro, disponendo i pezzi. Allora Zein-al-Mevassif, si alzò il ricco velo che le copriva il volto, e comparve agli occhi di Mesrur quale una risplendente colonna di luce. Non potendo staccarne gli sguardi, egli non sapeva cosa si facesse, prendendo i pezzi d’oro invece di quelli d’argento, ch’erano i suoi, e così perdette partita sopra partita. — Oh!» disse Zein-al-Mevassif, «è d’uopo assolutamente insegnarvi a star attento; giuochiamo adesso cento zecchini alla partita.» Ma Mesrur non giuocò meglio, nè cessò di perdere sino alla mattina,