Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/675

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Non potendo in alcuna guisa riuscirvi, prese la pelle d’un leone alla quale diede la forma di detto animale, e la collocò a qualche distanza sopra un colle. Venuto poi a trovare il pastore, gli disse: ««Il leone mi manda da te per chiederti un tributo di pecore. — Dov’è il leone?» domandò il pastore. Il ladro gli mostrò lo spauracchio, e l’altro, immaginandosi che fosse un vero leone, gli diede quante pecore volle... Così vi si spaventa con una pelle di leone, e voi vi lasciate tranquillamente rapire i diritti della sovranità. — Hai ragione, mia diletta,» disse il re; e non uscirò dal mio palazzo, ed i temerari saranno congedati. —

«Si negò dunque il giorno appresso d’introdurre nel palazzo i visiri ed i deputati del popolo; la sommossa allora scoppiò tremenda. Il popolo venne armata mano a chiedere la testa del re, e trovando chiuse le porte, le ridussero in cenere. Fu il re istruito del pericolo sovrastante, e non sapendo a qual partito appigliarsi, mandò a cercare la favorita. — Vedi adesso,» le disse, «che Scimas non mi avea detto altro che la verità? Tutti chiedono la mia testa; si è appiccato il fuoco alle porte esteriori del palazzo. Cosa dobbiamo fare? — Non v’affannate per questo,» rispose la favorita; «in tale congiuntura un re debole soccomberebbe; ma un genio, nato per regnare, ha sempre mille mezzi di ripiego. Fingetevi infermo; fate venire il gran visir Scimas, e ditegli che sareste già in via per mostrarvi al popolo ed all’esercito, se non vi foste improvvisamente ammalato, ma che domani uscirete per arrendervi alle loro brame. Domani mettetevi accanto dieci de’ più fedeli schiavi di vostro padre, e sulla cieca obbedienza de’ quali possiate far conto; poi fate entrare, ad uno ad uno, i grandi della corte, sotto pretesto che lo stato di vostra salute non vi permette di