Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/678

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lesse la lettera. Nel dolore che simile novella le cagionò, la favorita lacerossi le vesti, e strappossi i capelli. — Che mi consigli tu adesso?» le disse il re; «cosa debbo fare? — Qual consiglio può dare una donna,» rispose colei, «quando si tratta di guerra? Agli uomini vi dovete rivolgere.» A tali detti il re si sentì lacerare dai rimorsi e dal pentimento di aver fatto perire i suoi visiri, i suoi capitani, e tutti gli uomini notabili per merito, — Siete voi, sciagurate, che cagionaste la mia rovina, come le tartarughe furono causa della perdita della pernice.

«— Degnatevi di raccontarne questa storia,» dissero le femmine; «forse ci distrarrà un poco.» Il re narrò l’apologo seguente:

«— In un’isola coperta di verde erbetta ed irrigata da molti ruscelli, alcune tartarughe menavano altre volte vita felice e tranquilla. Fermossi un dì in quell’isola una pernice per riposare durante il meriggio. Maravigliate le tartarughe della bellezza delle penne e dei modi graziosi della pernice, l’accolsero colle più vive dimostrazioni d’amicizia. La pernice, dal canto suo, sentivasi inclinazione per le tartarughe, e si compiacque molto della loro società; la mattina volava via, e la sera tornava per passar la notte colle amiche. Ma le tartarughe si addolorarono di non averla in loro compagnia l’intiero giorno. Tennero dunque consiglio per pensare ai modi d’indurla a non allontanarsi, ed essendosi una vecchia tartaruga incaricata della bisogna, le altre l’assicurarono di tutta la loro gratitudine se potesse ottenere l’intento. La vecchia dunque si diresse, in nome di tutte le compagne, alla pernice e le disse: «Noi abbiamo per voi la più tenera amicizia; eppure voi, appena spunta l’aurora, ci abbandonate per non tornare se non al tramonto; la vostra assenza ne immerge tutte in profondissima disperazione. - Nè men crudele è