Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/712

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di Taher è la mia sposa diletta, colei che udiste cantar arie melanconiche che tanto le piacciono, benchè passiamo giorni felicissimi nella nostra unione. — «Il califfo prese allora commiato dal giovane mercadante. — Giafar,» disse, quand’ebbero raggiunto il battello, e io non aveva mai veduto, nè udito nulla di più straordinario.» Aaron, di ritorno al palazzo, comanciò a Mesrur di fare tre balle delle merci più preziose di Bassra, di Bagdad e del Korassan e di far chiamare il giovane mercadante di Omman. Venne questi, tremante di avere, senza volerlo, commesso qualche errore di cui si volesse punirlo; ma il califfo comandò di togliere il velo che copriva tutte le ricchezze che gli destinava. — Tutto ciò ti appartiene,» gli disse; «te ne faccio dono per ricompensarti di ciò che perdesti nella vendita del pezzo di conchiglia.» Tal sorpresa produsse impressione sì viva sul giovane ed accadde in lui tal rivoluzione, che il sangue, la cui espansione gli aveva impresso quel colore giallognolo, ripreso il suo corso naturale, gli tornò la carnagione brillante di splendore e freschezza

«— Lode a Dio,» sclamò il califfo, «che fa così succedere gli avvenimenti come solo rimedio contro la noia!»

L’alba già tingeva de’ vividi suoi colori il fosco orizzonte, allorchè la sultana delle Indie finiva la graziosa novella; impetrata quindi licenza dal consorte per narrarne un’altra la notte seguente, così la cominciava, continuandola nelle consecutive: