Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/757

Da Wikisource.

343


seri impietriti? Spiegatemi tal mistero, ve ne prego.» Mi fece sedere, e così mi parlò:

«— Dovete sapere, Abdallah, ch’io sono figliuola del re di quest’isola. È mio padre quello che vedeste assiso sul trono, ed era il più potente monarca della terra: centoventiquattromila governatori esercitavano in suo nome il potere, e ciascuno di essi comandava a mille città e ad altrettante tribù. Innumerevoli erano gli eserciti di mio padre, ed i suoi tesori superavano tutto ciò che può inventare l’immaginazione più feconda: i re tremavano, gl’imperatori umiliavansi al suo cospetto; ma sventuratamente, con tanta grandezza e potenza, era, come tutto il suo popolo, adoratore degl’idoli. Un giorno che presiedeva il divano, vide entrare un uomo d’aspetto venerabile, vestito di verde, e circondato di fulgidissima luce; ch’ebbe in breve riempita tutta la sala, il quale: — Sin quando, disse al re mio padre, sarai tu ribelle agli ordini di Dio? sin quando offrirai agl’idoli un’ampia adorazione? Sappi non esservi altro Dio che Dio, e che Maometto è il suo profeta! Convertiti col popolo tuo; fatti musulmano, abiura l’idolatria, ed adora il Dio unico che sostiene i cieli nell’aria per la sua sola volontà! — E chi sei tu, chiese il re, che vieni per farmi rinunziare a’ miei iddii? non temi tu lo sdegno mio? — Non lo temo, rispose lo sconosciuto; fate qui portare il maggior idolo vostro e tutti quelli de’ vostri sudditi; invocate su di me l’ira loro, ed io richiamerò su di essi l’ira di Dio; vedremo allora chi del Creatore o della creatura riporterà la vittoria. Non sono quest’idoli opera delle vostre mani? non sono abitati da demoni che ne fanno uscire la voce? Rinunziate dunque all’errore ed abbracciate la verità.» Mio padre comandò tosto di far portare tutti gl’idoli, e venne da me, che aveva inteso quel discorso da un gabinetto segreto, in cui mi trovava, donde scorgevasi