Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/760

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vento favorevole,» mi disse il capitano. — Non è gran disgrazia,» risposi; «vedete ciò che il cielo m’ha dato.» Sì dicendo, mostrai loro la moglie ed i miei tesori. Narrai tutto ciò che aveva veduto nella città pietrificata, ed allora essi mostrarono gran dispiacere di non avermici accompagnato. Nonostante si poteano consolare, poichè i tesori da me portati bastavano per arricchirci tutti. Divisi quelle ricchezze coi miei fratelli e col capitano del vascello, nè dimenticai nemmeno i marinari, che non avevano mai avuto sì buona parte. Allora notai sul volto de’ miei fratelli un malcontento visibilissimo. — Siate tranquilli,» dissi loro; «tutto ciò che posseggo vi appartiene, ed erediterete da me dopo la mia morte. —

«Imbarcata la principessa, tornai sulla riva per discorrere co’ miei fratelli. — Cosa intendete fare di quella giovane dama?» mi domandarono. — Sposarla,» risposi, «appena giungiamo a Basra. — Non sarà così,» gridarono essi ad una volta, «siamo invaghiti di lei, e ce la dovete cedere: la vogliamo sposare noi pure. — Fratelli,» dissi loro, «io sono già legato a lei con giuramento solenne, e se l’amate, io l’amo ancor di più. Mi è dunque impossibile di cedervela; ma quando saremo a Basra, vi cercherò, per farvela dimenticare, una sposa delle migliori case della città, e celebreremo nel medesimo giorno lo nostre nozze.» Essi allora tacquero; io credetti di averli consolati, e sciogliemmo le vele. Restò la principessa nella camera della nave, ed io dormii co’ miei fratelli sopraccoperta. Dopo quaranta giorni, scoprimmo i minareti di Basra. Io mi svegliai al grido di terra, terra! che eccheggiava intorno, ma mi sentii legato con corde ed in mano de’ miei fratelli che affaticavansi per gettarmi in mare. — Perchè,» chies’io, «mi trattate a questo modo? — Non ti accorgi,» risposero, «che il facciamo