Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/762

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mi è gratissimo di aver oggi trovata l’occasione di pagare in parte il mio debito.» Volgendosi poi alla madre, soggiunse: «Onoratelo, madre mia, siccome quegli a cui deggio l’onore. —

«Mi colmarono di doni e mi condussero dinanzi al re, intorno al cui trono trovavansi legioni di geni di specie diverse. Si alzò egli e mi venne incontro, seguito da tutta la sua corte, per ricevermi onorevolmente, e dopo avermi anch’esso ricolmo di regali e gentilezza, comandò che mi conducessero a sua figlia. Sull’atto mi trovai nel vascello, ove i miei fratelli stavano per battersi pel possesso della principessa, con Saide, la quale: — Scellerati,» gridò loro, «gettaste in mare il mio sposo e vostro fratello; dovete perire nella medesima guisa...» E volle gettarli nell’onde, ma io implorai per essi perdono. — Solo per farvi piacere,» disse Saide, «concedo loro la vita; ma voglio metterli fuor del caso di far male per l’avvenire.» Sì dicendo, prese una tazza d’acqua, ed aspersoli, li tramutò in cani come vedete... Non è vero, fratelli?» chiese Abdallah ai cani, e questi fecero un segno di testa affermativo.

«— Mi ordinò poi Saide,» proseguì Abdallah, «di incatenare i cani, e batterli ogni notte con uno staffale, sin che cadessero in deliquio, minacciando in pari tempo di farmi morire sotto la frusta, se rifiutassi di eseguire i suoi ordini. Entrammo a gonfie vele nel porto di Basra. Tutti i miei amici mi accolsero con giubilo; non si poteva immaginare che quei due cani fossero i miei fratelli; del resto niuno s’informò di loro. Impiegai la prima sera del mio arrivo a sbarcare i miei tesori e farli portare a casa, lavoro che mi fece dimenticare affatto i cani, che non aveva ancora incatenati, nè battuti. Verso mezzanotte, la mia sposa, armata di staffile, accostossi al mio letto, e mi battè senza pie-