Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/77

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rifera nella coppa d’Azem, il quale la vuotò senza accorgersene. Non l’ebbe appena bevuta, che cadde sul cuscino profondamente addormentato. Era l’istante aspettato dal mago traditore. Lo getta in un forziere, ne trae la chiave, e chiama alcuni facchini ai quali aveva dato ordine di tenersi pronti. Questi portano via il forziere, e camminando davanti al mago, lo vanno a deporre in una nave pronta a far vela. Si leva l’ancora, e vogano in alto mare.

«Quando la madre d’Azem, rientrando la sera in casa, non trovò il figlio, nè lo straniero, non dubitò più della disgrazia e della scelleraggine dell’uomo contro cui ella aveva tanto raccomandato al giovine di tenersi in guardia. Disperata, si strappa i capelli, accusando il destino, l’imprudenza del figliuolo e la crudeltà di colui che glielo aveva rapito. I vicini accorsi alle sue grida, e costernati di ciò che loro disse, vollero inutilmente consolarla; essa fece costruire in mezzo al cortile una tomba, andandovi giorno e notte a piangere la perdita fatta, senza mai prender cibo.

«Intanto il vecchio mago vogava con vento favorevole; era desso un Guebro, adoratore del fuoco, ed abile nella chiromanzia. Ciascun anno discendeva nel Korassan per sedurre con brillanti offerte un giovine musulmano, e quando erasene servito a procurarsi le cose che gli abbisognavano nelle chimiche sue operazioni, l’uccideva nel timore non divulgasse i suoi segreti.

«Due giorni dopo la partenza, Bharam (era il nome del mago) giudicò a proposito di rendere la sua vittima al sentimento del deplorabile suo stato; aperto il forziere, introdusse nelle nari di Azem un certo liquore. Questi sternuta, si frega gli occhi, e volgesi intorno attoniti sguardi; ma tosto la vista del mago ed il moto del naviglio gli svelano la sua disgrazia; s’accorge di essere caduto ne’ lacci di