Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/93

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NOTTE DLXVII

— Sire,» continuò Scheherazade, «noi abbiamo lasciato ieri Azem che partiva dal castello delle due sorelle per recarsi al paese abitato dagli zii, ai quali era stato raccomandato; il suo viaggio fu lungo e penoso. Finalmente, dopo molti mesi di cammino, giunse in un luogo campestre e fertile; la natura eravi sì ferace, che credette quasi trovarsi nel paradiso terrestre. Vide a poca distanza un bellissimo edificio, verso il quale diresse i passi. Un venerando vecchio stava seduto sotto un’elegante colonnata; i suoi sguardi si portarono con curiosità sullo straniero, che s’avanzava e gli restituì il saluto con fare grazioso. Rapito dall’aria nobile di Azem, invitollo a sedere, e dopo una leggiera refezione, informossi dei motivi del suo viaggio.

«Questo vecchio era Abd al Kuddos, zio delle principesse; quando ebbe udito nominare le nipoti, e che interessavansi in particolar guisa pel giovane straniero, raddoppiò d’attenzioni e di riguardi. Rilesse molte volte la lettera presentatagli da questi, e dopo aver a lungo riflettuto, disse: — Rinuncia, figliuolo, te ne scongiuro, al tuo insano progetto, e non esporre la tua vita in un’impresa che non può riuscire; il viaggio che vuoi fare è pieno d’infiniti pericoli; sonvi deserti aridi e popolati da belve feroci: terre diseccate che non producono alcun frutto per nutrirti, e non offrono sorgente alcuna per dissetarti. Supponiamo che tu giungessi a superare tutti questi ostacoli: saresti ancora lontano dal toc-