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vi prefazione

lana preziosa di piccoli capolavori, conosciuti col nome di medaglie artistiche italiane del rinascimento. La medaglia di Francesco Foscari che adorna il frontespizio del presente volume, opera di Antonello della Moneta intagliatore della zecca nostra, è la più antica riproduzione metallica della testa di un doge, e concorda per l’epoca e per le fattezze, col ritratto di Gentile Bellini e con una miniatura dell’epoca, esistenti entrambi nel Musco civico di Venezia.

Da prima ogni cura fu rivolta alle monete greche e romane, restando affatto neglette le antichità medioevali. Soltanto in epoca piuttosto recente si studiarono le monete delle città e dei principi italiani, che sono pure tanta parte della nostra gloria.

La zecca di Venezia fu tra le prime che attrassero l’attenzione dei dotti italiani e stranieri. Fu tosto veduta e trattata la questione più ardua e più interessante che la riguarda, perchè già nel 1610 Petau (Petavius) pubblicava il disegno del denaro di Lodovico il Pio col nome di Venezia, e nel 1612 l’autore dello Squitinio della libertà veneta se ne serviva come di arma principale ed invincibile contro la pretesa di indipendenza originale dei veneziani.

Nello scorso secolo alcuni studiosi, anche valenti, si occuparono della numismatica veneziana; ma i migliori superficialmente, e quelli che vollero addentrarsi nelle indagini sul valore della moneta, a Venezia ancora più importante che altrove, si smarrirono in supposizioni e fantasie, che complicarono maggiormente una materia già per sè non facile nè semplice.

Si aggiunsero le insidie di alcuni impostori, che cercavano di sorprendere la buona fede dei raccoglitori, le idee preconcette e l’amore esagerato del luogo natìo, che non lasciavano vedere quant’era più naturale e più vero. Nell’epoca forte e serena, nella quale, mediante lo studio della storia e delle lettere,