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andrea dandolo 177

argento sono incisi e coniati con molta cura e diligenza ed hanno una perfezione di forma rotonda affatto sconosciuta fino allora. Il Sanuto ricorda che un cerchio posto nel contorno faceva tosto conoscere se le monete avessero subito quella tosatura o stronzatura, di cui si lagnano non pochi documenti del tempo: e vediamo per la prima volta sostituiti gli antichi punti o segni dalle iniziali dei massari, per mezzo delle quali si possono rilevare gli anni della battitura, quando non sono interrotti gli elenchi di quei magistrati, che ci furono tramandati dagli antichi registri, di cui mancano alcuni volumi.

Per completare la storia numismatica di questo periodo è necessario parlare di altra nuova moneta coniata dai veneziani per comodo del commercio e dei loro possessi orientali: è il farnese, che, poco conosciuto dagli studiosi del secolo scorso, fu degnamente illustrato da Cumano e da Lazari dopo un fortunata rinvenimento seguito in Morea nel 1849.

Le monete francesi, e principalmente quelle di Tours, erano divenute assai popolari in Levante durante le crociate, e gli avventurosi cavalieri che si erano impadroniti dell’Acaja, di quasi tutto il Peloponeso e di altre provincie vicine, avevano introdotti negli effimeri principati, conquistati con poveri mezzi, ma con molta ardire, una moneta che imitava perfettamente il denaro tomese, avendo da un lato la croce e dall’altro il celebre ed emblematico castello che si vede sulle monete di Tours. Attorno al castello si leggono i nomi delle principali signorie franche della Grecia come Tebe, Damala, Lepanto, Corfù, Tino, Scio ecc., ma la officina più antica e più importante fra esse era certamente quella di Chiarenza, capitale politica ed amministrativa del principato di Acaja, fondato da Goffredo di Villehardouin, che divenne sotto i suoi successori una città prosperosa, residenza di una corte feudale celebre per la sua magnificenza. Della antica grandezza oggi non rimane, presso l’umile villaggio, cui fu tolto perfino il nome, che una torre diroccata e le rovine del Castello Tornese, dove senza dubbio era piantata la zecca, da cui uscivano abbondantissimi quei denari, che nei secoli XIII e XIV ebbero rinomata diffusione in tutto l’Oriente.