Pagina:Le murate di Firenze, ossia, la casa della depravazione e della morte.djvu/39

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reiette. Io, che aveva dimenticata un’altra volta la virtù del mio mantello, lo seguii in punta di piedi, ma il vecchio che non sentiva la mia pesta, si voltò d’un tratto, e vedutomi camminar così leggero; quanto tu se’ semplice e balordo! Sorridendo mi disse; indi soggiunse: leggi.

Portai gli occhi sulla fronte dell’ubbriaco e viddi scritta la parola, l’empio. Torsi subito lo sguardo da quella ributtante, schifosa faccia, perché vedendolo cogli occhi immobili e tutti bianchi, mi parve un agonizzante, e temeva vederlo ad ogni istante sparire.

Nauseato poi dal puzzo acre e molesto che da quei reciticci esalava: partiamo, buon vecchio, dissi: ho veduto abbastanza. Ma in sull'atto del partire rivolsi lo sguardo sulla donna, e vedutala così affannosamente singhiozzare, mi sentii commosso a pietà, e non seppi di là partirmi senza dirle una parola di consolazione.

Feci un passo verso di lei e con voce appassionata: deh, signora! le dissi, non si affligga tanto di un male che appunto perché tocca gli estremi è al momento di cessare: faccia cuore! Dio non mancherà di premiare le preclare di lei virtù, toccherà il cuore a questo sciagurato e lo renderà padre amoroso, marito fedele e tenero, lo speri. Ma come se io avessi parlato ad una statua, essa non si fece per nulla viva, ond'io maravigliato inarcai le ciglia. Spalancai gli occhi e fisso la guardai. Le grosse risa in cui ruppe il vecchio dietro a me, mi tornarono a mente, che io aveva il mantello in dosso e vergognai di mia bessaggine.