Pagina:Le murate di Firenze, ossia, la casa della depravazione e della morte.djvu/43

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Di tanto sdegno infiammò allora che sull'istante lo volle cacciato di casa sua, e non soffrì di più sentirlo pur rammentare.

Qualche anno poi venne a morte, e memore sempre delle ribalderie, delle truffe e perfidie di questo ladro, volle apposta nel suo testamento come condizione obbligatoria, che costui non mettesse mano mai più in alcuna cosa della eredità che lasciava. Lo fece indarno, conciossiachè questo menticurvo furfante lo aveva prevenuto fin da quando entrò ne' convegni con coloro, ai quali aveva sacrificate le figlie del benefattore, essendo fra loro rimasti composti, che l'amministrazione dei beni che avrebbe un giorno ereditati, dovesse esser ceduta e rilasciata per intero al traditore. Le leggi ordinariamente son deluse quando vincolano ricchi e signori: quindi la volontà del testatore rimase frustrata, e gli eredi, che dimoravano a gran distanza dai beni redati, ne rimisero l'agenzia, siccome erano convenuti, nelle mani di questo ladro.

Fu allora che potè meglio soddisfare all'avidità che lo divorava di arricchire: accorto, attento, instancabile come era lontano dall'occhio dei padroni, e supremo ammimstratore di un così ricco patrimonio, in poco tempo accumulò grandi ricchezze.

— Oh che ladro!

— Questo è poco ancora! Giovane di appariscente aspetto procurò di cavar costrutto anche da questo pregio di natura, impegnandosi di procacciarsi l'amore di una qualche ricca giovane. Pose gli occhi e fermò suo pensiero sopra una bella fanciulla appartenente a cospicua famiglia, e seppe così bene simularsi innamorato, spasimato di lei che riuscì a sedurla e a rubarle il cuore. La giovane di costui pazzamente presa e guasta, lo volle a marito a dispetto dei genitori, ma