Pagina:Le murate di Firenze, ossia, la casa della depravazione e della morte.djvu/56

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CAPITOLO XXVII.

Terza veduta.

La mia curiosità non conosceva più limiti; questa volta non mi lasciai precedere dal genio, ma contemporaneamente, ad esso arrivai all'uscio della terza stanza.

Sedeva presso un tavolino, colla faccia a noi rivolta, un uomo sulla di cui fronte era scritto — L'Incestuoso — Mostrava l'età di circa cinquant'anni, aveva i capelli brinati, il volto rotondo e pieno. Gl'occhi, che teneva affissati e fermi, indicavano essere egli immerso in gravi pensieri. Aveva le guancie cascanti e mencie, di un languido vermiglio colorate, voluttuosa la bocca, pallide le labbra, corto il naso e rincagnato. Teneva le braccia consertate sul petto, e di tanto in tanto esalava profondi sospiri. L'espressione del di lui sembiante era languida, disgustevole, trista.

— E' tempo oggimai che il disgusto, la svogliatezza la nausea ti assalgano e conquidano, disse il genio guardandolo severo; scapestrasti abbastanza, tutta hai percorsa la via del vizio, or ti rimane a soffrirne le conseguenze, il frutto.

— Buon genio, secondo le vostre parole costui sarebbe maschio, a me invece pare una donna vestita da uomo.

— E' maschio sì, ma più debole, più pusillanime, più schifiltoso, smancieroso di una donna, di una donna più volubile e leggero, e non mi sorprende che tu abbia in lui ravvissati più presto i lineamenti della donna che quelli dell'uomo.