Pagina:Le opere di Galileo Galilei II.djvu/159

Da Wikisource.
156 le mecaniche.


Tra tanto, poichè si è accennato, la utilità, che dalle machine si trae, non essere di potere con piccola forza muovere, col mezzo della machina, quei pesi, che senza essa non potriano dalla medesima forza esser mossi, non sarà fuori di proposito dichiarare, quali siano le commodità, che da tale facoltà ci sono apportate: perchè, quando niuno utile fusse da sperarne, vana saria ogni fatica che nell’acquisto suo s’impiegasse.

Facendo dunque principio a tale considerazione, prima ci si fanno avanti quattro cose da considerarsi: la prima è il peso da trasferirsi di luogo a luogo; la seconda è la forza o potenza, che deve muoverlo; terza è la distanza tra l’uno e l’altro termine del moto; quarta è il tempo, nel quale tal mutazione deve esser fatta; il qual tempo torna nell’istessa cosa con la prestezza e velocità del moto, determinandosi, quel moto essere di un altro più veloce, che in minor tempo passa eguale distanza. Ora, assegnata qual si voglia resistenza determinata, e limitata qualunque forza, e notata qual si voglia distanza, non è dubbio alcuno, che sia per condurre la data forza il dato peso alla determinata distanza; perciò che, quando bene la forza fusse picciolissima, dividendosi il peso in molte particelle, ciascheduna delle quali non resti superiore alla forza, e transferendosene una per volta, arà finalmente condotto tutto il peso allo statuito termine: nè però nella fine dell’operazione si potrà con ragione dire, quel gran peso esser stato mosso e traslato da forza minore di sè, ma sì bene da forza la quale più volte averà reiterato quel moto e spazio, che una sol volta sarà stato da tutto il peso misurato. Dal che appare, la velocità della forza essere stata tante volte superiore alla resistenza del peso, quante esso peso è superiore alla forza; poichè in quel tempo nel quale la forza movente ha molte volte misurato l’intervallo tra i termini del moto, esso mobile lo viene ad avere passato una sol volta: nè per ciò si deve dire, essersi superata gran resistenza con piccola forza, fuori della constituzione della natura. Allora solamente si potria dire, essersi superato il naturale instituto, quando la minor forza trasferisse la maggiore resistenza con pari velocità di moto, secondo il quale essa camina; il che assolutamente affermiamo essere impossibile a farsi con qual si voglia machina, immaginata o che immaginar

1. che dalle meccaniche, m, n — 2. con più piccola, Z, n — 11. la terza, Z, B, n — la quarta, V, B — 15. passi, Z, B, n —