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334 dialogo de cecco di ronchitti

que a s’haòn tegnù à la veritè, se ben ello volea archiaparneghe.

Ma. Tira, che t’hè vento.

Na. El dise po anche, que sta stella[Loren. cap. 12.] cazzerà via le giottonarì, le rabbienota; que segi mi?

Ma. Sì, sì, così no stessete in perorare, le mostre carte, mo a no me smeravegio di suo sprenuostichi, que tutto el sò librazzuolo me pare on sprenuostico mi; e que sempre el traghe à indivinare.’

Na. El dise ben, che el ghe n’hà un’altro[Loren.cap.5 et 6.] per lettra da far stamparenota.

Ma. Che ’l faghe presto, per que seanto vesìn la Quaresema; el sarà bon da qual consa an ello; segondo, che questo n’hà fatto rire adesso, que l’è da Carlevare.

Na. E quellù, che lezea disse, che ’l crea purpiamen, que el l’haesse fatto stampare per venderlo, e guagnar qualche marchetto ello.

Ma. Che ’l laore tonca à spazzargi, e se ghe n’avanzesse qualchuno, che ’l lo faghe in t’on revoltolo, e che ’l se ’l cazze, on se cazzè Tofano le spietie, che ’l sarà ben messo in vovera.

Na. Lagonla live. à seòn à cà. vuotù stare à cena con mi? a t’in darè ontiera vè.

Ma. 'A ’l so; mo à no posso, que la Menega m’aspietia; tamentre à t’in desgratio.

Na. A Dio tonca.

Ma. A Dio.

Il Fine.

vero in noi, che ci siamo tenuti alla verità, sebbene egli voleva acchiapparci.

Ma. Tira innanzi, ch’hai buon vento.

Na. E’ dice poi anche che questa stella caccerà via le furfanterie, le rabbie: che so io?

Ma. Sì, sì, così non andassero per la peggio i nostri affari; ma io non mi meraviglio de’ suoi prognostichi, perchè tutto il suo libricciuolo mi pare un prognostico e che e’ tiri sempre a indovinare.

Na. Appunto, e’ dice che n’ha un altro in latino da fare stampare.

Ma. Ch’e’ faccia presto, perchè, essendo vicina la quaresima, e’ sarà buono a qualche cosa anche quello, come ci ha fatto ridere questo adesso, che è di carnevale.

Na. E colui che leggeva disse ch’e’ credeva propriamente ch’e’ l’avesse fatto stampare per venderlo, e guadagnarsi qualche soldino.

Ma. Ch’e’ lavori dunque a spacciarli; e se glien’avanzasse qualcuno, che ne faccia un rinvolto, e ch’e’ se lo cacci dove Tofano si cacciò le spezie, ch’e’ sarà ben adoperato.

Na. Lasciamola lì. No’ siamo a casa. Vuo’ tu stare a cena con me? te ne darò volentieri, sai.

Ma. Lo so; ma i’ non posso, perchè la Menica m’aspetta: tuttavia i’ te ne ringrazio.

Na. Addio, dunque.

Ma. Addio.

Il Fine.

5. giottanarì — 10, 25. un — 82. aspieta

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  1. «Per lo che nella sapientia, e contemplatione sien per far gran profitto e sien per discacciar le cattive openioni, ed ogni sorte d’ignorantia, massime la malitiosa.» (Discorso, ecc., car. 31a v.)
  2. «come si tocca in un’nostro Libro delle cose Celesti contra li Mathematici, in latina favella scritto, che non molto starà a venir a luce.» (Discorso, ecc., car. 4a r.)