Pagina:Le opere di Galileo Galilei II.djvu/563

Da Wikisource.
550 difesa contro alle calunnie ed imposture

circostanti insieme, con brevissime parole (essendosi già gl’Illustrissimi ed Eccellentissimi Signori Riformatori posti a sedere) esposi la causa di quel congresso; dipoi alli detti Signori Riformatori dissi, che saria stato necessario che gli fusse condotto avanti un tavolino da potervi posar sopra un libro, un compasso, un poco di carta, con penna ed inchiostro; il quale fu immediate portato. E mentre alcuni ministri an-dorno a pigliarlo, il Capra, fattosi avanti, cominciò a dire che non era bene stare a tediare gl’Illustrissimi ed Eccellentissimi Signori Riformatori e quelli altri Signori con altre interrogazioni; e che, conceduto che nel suo libro niente vi fusse che stesse bene, e che esso a cosa alcuna non sapesse rispondere, ciò non risultava in alcuna mia utilità; e che egli quivi si era condotto per darmi ogni satisfazione, e che non intendendo di volere in conto alcuno pregiudicare all’onor mio, era pronto, quando io mi sentissi aggravato, di formare una scrittura a mia satisfazione, e quella stampare e publicare, ed in somma non lasciare indietro cosa alcuna la quale potesse bastare al resarcimento della fama e della riputazion mia. Io brevemente li risposi che la redintegrazione dell’onor mio era in buone mani, appoggiandosi sopra la prudenza di quelli Illustrissimi ed Eccellentissimi Signori, di dove io non intendevo rimuoverla; e che non mi faceva bisogno ricever da sue scritture satisfazione, la quale bene spesso non si nega anco a quelli che meritamente e con verità si sono offesi; e che in conto alcuno non desideravo che egli si rimovesse dal suo proposito, giudicando io che il medicamento di una scrittura si deva alle gravissime offese applicare solamente quando tutte le altre giustificazioni sono scarse nè si può, senza qualche ritirata dell’avversario, restaurare, sollevare o puntellare la reputazion dell’offeso; i quali pannicelli caldi, per la Dio grazia, non bisognavano al mio stomaco, assai gagliardo per digerire ed espurgare i tristi umori che l’aggravavano: in oltre li dissi, che la mia querela era con due, ciò è con lui e col suo libro, e che quando bene egli, col ritirarsi e disdirsi, avesse potuto ottener da me perdono, dovevo però procurare il meritato castigo al suo libro, il quale quantunque volte io pur tornavo a rileggere, sempre lo ritrovavo contumace ed ostinatissimo nel lacerare e contaminar l’onor mio: e finalmente li conclusi, che noi non erano convenuti là per questo, e che però attendesse all’appuntamento stabilito e procurasse pur di render buon conto de i suoi studii e del sue