Pagina:Le opere di Galileo Galilei III.djvu/268

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contro il moto della terra. 267


proprio volato loro. Che altro direte, voi Copernici, che abbia facultà di portar i corpi, che sospesi son nell’aria, in giro unitamente col moto dell’Universo? Forse che Morgante gli averla infilzati con quel suo chiodonaccio che arriva dall’un polo all’altro, per arrostirli al Sole, e poi darvi a magnar cotali uccellacci, e perciò non mutan luogo?

Che più? Se l’aria stessa non può con tutte le sue parti mantenersi unita con tutte le parti della superficie della Terra, sì che quelle d’aria non mutino luogo, per esser flussibile e levi, e per conseguenza men veloci nel moto che non è la Terra, che è soda e grave, chi l’irà che anche i corpi sospesi nell’aria non mutino continuamente d’intorno a sé nuove parti d’esso corpo aereo, e conseguentemente non vadano disuniti, e non di moto uniforme con tutti gli elementi? Né mi si conceda qualche poco di varianza, perché subito si caverà da questo l’indubitata verità del nostro intendimento: e pur bisogna concederne assai, come ne mostra il senso.

5. Ecco il quinto argomento per manifestar che la terrena machina è immobile. Se la mole terrestre si movesse in giro, chi saltasse da un argine all’altro di qualche fossa, secondo il corso della Terra, farebbe assai minor salto, perchè la Terra sfuggirebbe mentre il saltator fusse per l’aria, che non farebbe saltando oppostamente, venendolo a rincontrare l’argine dall’altro lato: sì come il salto sarìa mezzano tra questi due, saltando per lo traverso, poi che tutto penderebbe dalla forza e destrezza di colui che saltasse.

Non rispondano già, che nel primo salto la terra dia il tratto, e che per ciò riacquisti quanto di spazio gli terrebbe lo sfuggimento del corso della Terra, e nel secondo il salto sia più fiacco, perché la Terra storni quando egli punta i piedi per saltare, sì che venga a perdere quanto acquisterebbe andandoli incontro la Terra; perché io replicherò, che di già s’è provato, che la Terra, non andando a scosse, non può dare il tratto a chi salta: ma quando pur si concedesse, che essa, col suo movimento, desse qualche aiuto al primo salto, e impedimento al secondo, egli saria di niun momento1 poi che non lo conosciamo in comparazione

    dando essa sempre con le medesime parti. Ma io vi concluderò, che tirandosi contro il vento o a seconda, tanto anderà la palla nell’uno o nell’altro tiro, poi che essa palla muta contatto; e nell’aqqua, tanto andrà la barca spinta dal vento a seconda, quanto a contrario, di aqqua. Ma ditemi: il vento, che pure è moto di aria, non port’egli seco le gravissime navi, mutando sempre contatto nelle vele? che, se non mutasse contatto, la nave caminerebbe quanto il vento. Direte forse, che la nave sostenuta dall’aqqua non è grave; ma questo è niente per più ragioni, ma in particolare perchè né anco una palla d’artiglieria è grave, ciò è repugnante al moto orizontale.

  1. anzi è egli a punto quanto bisogna, contribuendo nell’un caso 40 e nell’altro al saltatore impeto eguale alla sua propria velocità: al