Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/100

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96 discorso


l'acqua; della maggiore o minor tardità, questa figura più larga o quella più raccolta: ma del fermarsi non può in veruna maniera dirsi che ne sia cagione la qualità della figura, sì perché, faccendosi la tardità maggiore secondo che più si dilata la figura, non è così immensa dilatazione a cui non possa trovarsi immensa tardità rispondente, senza ridursi alla nullità di moto, sì perché le figure prodotte da gli avversari per effettrici della quiete già son le medesime che vanno anche in fondo.

Io non voglio tacere un’altra ragione, fondata pur su l’esperienza, e, s’io non m’inganno, apertamente concludente, come l’introduzione dell’ampiezza di figura e della resistenza dell’acqua all’esser divisa non hanno che far nulla nell’effetto del discendere, o ascendere, o fermarsi, nell’acqua. Eleggasi un legno o altra materia, della quale una palla venga dal fondo dell’acqua alla superficie più lentamente che non va al fondo una palla d’ebano della stessa grandezza, sì che manifesto sia che la palla d’ebano più prontamente divida l’acqua discendendo, che l’altra ascendendo; e sia tal materia, per esempio, il legno di noce. Facciasi dipoi un’assicella di noce simile ed eguale a quella d’ebano degli avversari, la qual resta a galla: e se è vero che ella ci resti mediante la figura impotente, per la sua larghezza, a fender la crassizie dell’acqua, l’altra di noce, senza dubbio alcuno, posta nel fondo vi dovrà restare, come manco atta, per lo medesimo impedimento di figura, a dividere la stessa resistenza dell’acqua. Ma se noi troverremo e per esperienza vedremo, che non solamente la tavoletta, ma qualunque altra figura, del medesimo noce verrà a galla, sì come indubitatamente vedremo e troverremo, di grazia cessino gli avversari d’attribuire il soprannotare dell’ebano alla figura dell’assicella, poiché la resistenza dell’acqua è la stessa tanto all’insù quanto all’ingiù, e la forza del noce al venire a galla è minore che la forza dell’ebano all’andare in fondo.

Anzi, dirò di più che, se noi considereremo l’oro in comparazion dell’acqua, troverremo che egli la supera quasi venti volte in gravità; onde la forza e l’impeto col quale va una palla d’oro al fondo è grandissimo: all’incontro, non mancano materie, come la cera schietta e alcuni legni, li quali non cedono né anche due per cento in gravità all’acqua; onde il loro ascendere in quella è tardissimo, e mille volte più debole che l’impeto dello scender dell’oro: tuttavia una sottil