Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/132

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128 discorso


sciare anche tal refugio, benché debolissimo e quale anche Aristotile medesimo, per mio credere, ricuserebbe, dico che si dee intender che l’ago sia posato secondo la dimensione che vien nominata da Aristotile, che è la lunghezza. Perché, se altra dimensione che la nominata prender si potesse e dovesse, io direi che anche le falde di ferro e di piombo vanno al fondo, se altri le metterà per taglio e non per piano: ma perché Aristotile dice «le figure larghe non vanno al fondo», si dee intender «posate per lo largo»: e però quando dice «le figure lunghe, come un ago, benché leggieri, non restano a galla», si dee intender «posate per lo lungo».

Di più, il dir che Aristotile intese dell’ago messo per punta, é un fargli dire una sciocchezza grande: perché in questo luogo dice che piccole particelle di piombo o ferro, se saranno rotonde o lunghe com’un ago, vanno in fondo, tal che, anco per suo credere, un granello di ferro non può restare a galla; e se egli così credette, qual semplicità sarebbe stata il soggiugnere, che né anco un ago, messo eretto, vi sta? e che altro è un ago tale, che molti sì fatti grani posti l’un sopra l’altro? Troppo indegno di tant’uomo era il dir, che un sol grano di ferro non può galleggiare, e che né anco galleggerebbe a porgliene cento altri addosso.

Finalmente, o Aristotile credeva che un ago, posato su l’acqua per lo lungo, restasse a galla; o credeva ch’e’ non restasse. S’ei credeva ch’e’ non restasse, ha ben potuto anche dirlo, come veramente l’ha detto: ma s’e’ credeva e sapeva ch’e’ soprannotasse, per qual cagione, insieme col problema dubitativo del galleggiar le figure larghe, benché di materia grave, non ha egli anche introdotta la dubitazione, ond’avvegna che anche le figure lunghe e sottili, benché di ferro o di piombo, soprannuotano? e massimamente che l’occasion del dubitare par maggiore nelle figure lunghe e strette che nelle larghe e sottili; sì come dal non n’aver dubitato Aristotile si fa manifesto.

Non minore sproposito addosserebbe ad Aristotile chi, per difenderlo, dicesse che egli intese di un ago assai grosso, e non di un sottile: perché io pur domanderò ciò ch’e’ credette d’un ago sottile, e bisognerà risponder ch’e’ credesse ch’e’ galleggiasse; ed io di nuovo l’accuserò dell’avere sfuggito un problema più maraviglioso e difficile, ed introdotto il più facile e di meraviglia minore.

Diciamo, dunque, pur liberamente, che Aristotile ha creduto che