Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/173

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di accademico incognito. 169


perata la sua natural resistenza alla divisione e che non prevale alla resistenza cagionata dalla figura la propria gravità, con l’altre esteriori circonstanze che vanno moltiplicando e variando nel ridursi le cose all’atto, sì che gli arginetti dell’acqua scorrino sopra la tavoletta ed essa ne vada a fondo.
Non è, dunque, necessario, dove sono sì forti legami ed impeti della natura e cagioni più note e sensate, ricorrere ad aiuti sì leggieri e far dell’aria, corpo sì raro e debole, una colla sì tenace[56]. Il comporre poi e paragonare tra loro minutamente tutte le proporzioni della gravità, della resistenza attiva alla penetrazione della passiva, e delle inclinazioni, similitudini e dissimilitudini delle cose naturali, ed altre infinite circonstanze ed accidenti che possono variamente concorrere per la connessione della materia in questi casi, troppo difficile alchimia e sottil matematica si richiederebbe, non meno nella nuova opinione dell’Autore che nella commune degli aversarii. A noi basta che appaia manifesta la cagione generale in qualche caso più sensato, e considerare la varietà delle circonstanze più note, e perciò, rispondendo all’obiezzioni in contrario addotte dall’Autore, apparisca la sua invenzione, sì ampliata e dichiarata, più tosto differente che opposta e contraria, e che Aristotile non abbia detto cosa falsa; come ci serbaremo a mostrar più particolarmente a suo luogo, per tornar, al presente, dove lasciammo.

metterò nell'arbitrio suo l’assegnare una profondità qual più gli piace, purché non la togga infinita; ed io poi farò un’assicella lunga e lara quanto la proposta d’ebano, ma la farò grossa, o vogliamo dire alta, 2 dita, 4, un palmo, un braccio, dieci braccia, 100, mille, e sarà tale che, posta nell’aqqua, si profonderà tutta, e farà il suo arginetto, in virtù del quale resterà a galla, ma levatolo via anderà al fondo; ed all’incontro, farò un’assicella della medesima lunghezza e larghezza, e grossa solamente l’ottava parte di un dito, e ben che poco profondamente divida l’aqqua, non però sarà possibile farla restare a galla: or chi dirà che questa, che intacca meno di un quarto di dito, interamente e bene divida, e che quella, che intacca 100 braccia affondo, non divida interamente? Aggiugni di più, che quella, che resterà a galla, peserà 100 libre, e questa, che non potrà restare, peserà manco di una: anzi, di più, questa medesima falda, che non può restare a galla, con l’aggiugnergli 10 libbre di peso e mantenendo l’istessa larghezza, resterà. Piglia un testone; questo non starà mai: aggiugnigli un cilindro di cera, alto 10 braccia; starà in virtù dell’arginetto, ed averà diviso l’aqqua mille volte più che il semplice testone; e levato l’arginetto, andrà in fondo.

[56] sì tenace che alzerà 1000 libbre di peso.