Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/217

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di giorgio cortesio. 213

cessitato a confessare che la figura ne sia in qualche modo la cagione. Imperciocché, se l’aria mediante questa e non quella figura fa galleggiare il solido, significando la parola mediante causa istrumentale, ne seguirà necessariamente che anche la figura operi qual cosa: che è quello che niega l’Autore. Per cognizione della qual verità, dico ritrovarsi tre opinioni di questa cosa: due estreme, una di mezzo. La prima tiene che l’aria solamente operi; la seconda, l’aria e la figura; la terza, la figura sola: la prima abbraccia l’Autore, volendo che l’aria solamente, che si contiene nella concavità degli arginetti che si fanno intorno al solido dall’acqua, sia la cagione che i corpi più gravi in essa galleggino; la seconda è di quegli che vogliono che l’aria e la figura insieme faccino l’effetto.

Ma lasciamo, di grazia, l’equivocazione; e notisi non negarsi da noi che l’aria ritenga, ma il modo di ritenere che si dice. Può dirsi, l’aria in tre modi sforzare: per predominio, come si vede nelle cose leggieri ed altri modi che l’aria ritiene; o per moto, come l’aria mossa dalla calamita tira a sé il ferro; o per simiglianza, qual si scorge nelle coppette o vero nelle putrefazioni: fuor di questi modi, se ne sta l’aria nella sua naturalità. Vediamo ora se l’aria toccando ritiene: e pensa l’Autore che ritenga per ragione d’affinità con virtù calamitica. Ma questa non è men desiderata dall’aria che da qualsivoglia altro corpo; ne seguirà adunque che ogni corpo, toccando l’altro, lo ritenga sospeso ed abbia virtù calamitica: il che è falso; perchè il corpo leggiere tocca, non tiene; il corpo grave non solamente tiene, ma di più spinge: adunque argomenta contra di sé medesimo. E dato che questo intervenisse all’aria sola e non agli altri corpi, deverebbe questo convenire a tutta l’aria; e ritirandosi ad un effetto particolare, deverebbe l’Autore renderne la ragione: anzi questa aria, accostandosi più all’acqua, doverà essere più umida, e per questo meno tenace; il che tanto più deve l’Autore tenere per vero, quanto anche, e contra Aristotile, niega che l’aria possa sostenere cose, per minime che elle sieno. Quello poi che si dice dell’affinità o contiguità, è molto ambiguo: perchè la natura non abborrisce la contiguità in particolare, perché s’impedirebbono tutti i moti, ma sì bene l’universale, la quale consiste nel toccare, non nel tenere, che sono effetti diversissimi: che il toccare significa unione estrinseca di due corpi senza violenza veruna, ed il ritenere significa medesimamente unione estrinseca ma con violenza, massimamente che tanto tocca chi tiene, quanto chi spinge; e notisi come l’aria spinge i corpi toccandoli, come si vede ne’ moti: sia che la natura vuole tra le sue parti una certa unione ed armonia, sia che non dà mai cosa alcuna ad esse che non riguardi la constituzione dell’universo, né meno da lei si produce cosa alcuna a destruzzione dell’altra, se non per accidente, volendo conservare sé stessa (perciochè se altrimenti operasse, sarebbe tra le sue parti una certa discordia, simile a quella che nasce tra’ cittadini che si dipartono dall’unione di loro civiltà), per il che non viene corrotta la forma e l’ornamento primiero; onde dissero i filosofi che