Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/231

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di giorgio cortesio. 227

dove meglio si vede la prudenza della natura, che vuole unite le parti, come le fece, e non separate. Non si niega il tenere dell’aria per ragione della resistenza, perchè tal modo veramente è naturale: ma ben si niega il tenere per contatto, poi che, oltra le dette esperienze in principio, è pure chiaro che, levata la contiguità d’alcuni solidi che galleggiano con qualche cosa fluida, non si vedono profondarsi, anche che sia il fluido più grave dell’acqua. E non si vede con gli occhi nostri che alcune figure, quanto più entrano nell’acqua, tanto maggiormente si sostengono? e pure dovrebbe essere il contrario, poi che si sminuiscono le forze dell’aria negli arginetti, per essere di minore quantità d’aria e, per conseguenza, di minore virtù.

Nell’ebano galleggiante appariscono tre cose: la prima, che alquanto discende; la seconda, che fa sponde; la terza, che non si sommerge: ora ricerca la causa della terza apparenza, massimamente essendosi così affondato, e dice essere l’aria contenuta in quella cavità che si fa tra l’ebano e gli arginetti. Centra a questo, argumento così: Nel modo medesimo tocca l’ebano l’aria innanzi che si profondi, che doppo fatti gli arginetti: ma innanzi non lo sostiene: dunque né anche doppo non si può dir che l’aria, toccante gli arginetti, sostenga l’ebano; perchè non lo tocca, adunque non lo tiene. Né si può dir che quest’aria rinforzi quella che tocca l’ebano: perchè in simili corpi l’una parte non rinforza l’altra, avendo ciascuna la sua perfezzione per natura, e senza nessuna varietà non variandosi la natura. Diciamo, dunque, che l’ebano discende alquanto, perchè le prime parti dell’acqua non sono bastanti a sostenere quel peso; e però si ricerca più copia di acqua, tanto che lo sostenga. Il medesimo interviene a’ legni ed altri simili, sostenuti dall’acqua che li circonda attorno. Li arginetti poi si fanno, perchè, occupando l’ebano quella parte di acqua, bisogna che tanta ne salga, quanta è stata l’entratura d’esso; onde quanto più s’assottiglierà l’ebano, tanto meno s’alzeranno le sponde. E non voglio tacere che l’acqua non trascorre per quella tavoletta, perchè fugge la siccità, sua contraria; come si vede l’acqua alzarsi versata nella terra secca, e correre per la bagnata. Concludiamo, dunque, che l’ebano non si sommerge per la ragione della figura, nel modo che si è detto innanzi.

Quello poi che dice, che dell’aria e dell’ebano se ne fa un composto; doveva prima a simil composto trovargli nome, e mostrare come per il solo contatto si faccia composizione. E pur io credevo che la composizione dell’aria e della terra non fusse in altro che nel misto, nel quale concorrono i restanti due elementi a produrlo tutti insieme; i quali, doppo la pugna ridotti in una contemperanza e per essa in una concordanza, ancorché siano contrarli e per un rispetto inimici, per un altro divengono poi amici. In questa guisa dice Ermino, nelle sue Quistioni fisiche, che nella medesima parte di corpo si ritrovano gli elementi contrari; ma che sia un altro modo nuovo di composizione tra l’aria e la cosa terrea, e massimamente rimanendo l’una e l’altra cosa nel suo essere, non credo si potrà mai