Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/237

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di giorgio cortesio. 233

l’acqua, la quale non solo si fermasse tra le due acque, ma non si potesse senza notabil forza abbassare o sollevare». Si risponde a questo in due modi: il primo, per contraddizione, che da cose impossibili non ne segue mai niente; impossibile è che si ritrovi, quanto alla natura, cosa simile in gravità all’acqua, che non sia similmente acqua (imperciochè dato il medesimo effetto, ne seguirà sempre la medesima causa; come, per esempio, data la medesima risibilità all’uomo ed al leone, ne seguirà che tanto il leone quanto l’uomo sia ragionevole): il secondo che, dato e non concesso che fosse una cosa simile in gravità all’acqua, non avrebbe in essa luogo diterminato, ma per tutto sarebbe il suo.

Ci mancava l’esempio ch’un capello tirasse una trave per acqua: ma rispondiamogli, in ogni modo, negando che nella paura ch’altri avrebbe che e’ non si strappasse, non si sentisse un poco di resistenza: la quale si pruova manifestamente; perchè, se la trave che si tirerà avrà dalla parte che ha da fendere l’acqua la figura più larga o si tirerà per lo traverso, dividerà il mezzo con maggior difficultà che in altra guisa. Sì che questo argomento ancora, non fa contro Aristotile; perchè mossa la medesima trave secondo diversi moti, se non fosse la resistenza, tanto le poche quanto le molte parti cedendo nel medesimo tempo e nel medesimo modo, non sarebbono più difficultà in uno che in un altro modo; la qual differenza è nota nella differente forma di un navilio largo e stretto.

E venendo alle sue figure matematiche, diciamo che la proporzione che pruova in esse, non fa al proposito nostro; perchè egli piglia per concesso in quelle la cosa che si cerca, che è errore di logica. Là onde abbiamo di già provato che la materia che sta sopra l’acqua, galleggia in due modi, o perchè di natura è più lieve di essa, o vero perchè in una certa proporzionata gravità la figura la fa galleggiare. E simigliantemente abbiamo provato che quella vada al fondo, che non solo eccede nella gravità secondo la natura, ma che ha ancora le forze maggiori di quelle del mezzo o le può superare in proporzione. E similmente diciamo che egli non pruova che un solido di più grave materia debba, per galleggiare, aver l’aria che lo sostenga, come era necessario dovendo provare la sua opinione. Si censo elude, adunque, universalmente che le parti degli elementi che si muovono al luogo loro, lo fanno combattendo e vincendo; in maniera tale che, non vincendo, non lo conseguiscono mai con la propria loro natura solamente, impedite da maggiori forze, come a un sasso sospeso a un filo avviene. Però le figure sono cagioni di far galleggiare quel solido in cui le parti non sono unite, e perciò non possono superare il mezzo cooperante con esse.

Alla fine viene il Galilei a dimostrarsi più che mai inimico d’Aristotile, impugnandolo, e Democrito difendendo, e dando ancora contro all’uno ed all’altro. Mi sforzerò, adunque, io non di difendere Aristotile, che non ha bisogno di mia difesa, ma, quanto potrò, dichiararlo solamente; il che farò, non perchè Aristotile fosse di nazion greca, ma per la verità: imperciochè se questa ragion valesse,