Pagina:Le opere di Galileo Galilei V.djvu/196

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196 istoria e dimostrazioni


Quello che Apelle produce per levar la prima fuga a i contradittori, [Nella edizione Augustana, fac. 14, ver. 3; nella edizione Romana sec.. fac. 25, ver. 11. [pag. 46, lin. 1]] non basta: perchè loro primieramente negheranno che l’ombra di Venere sotto ’l Sole deva apparir così grande come la luce della medesima fuori dal Sole ma vicina a quello, perchè l’irradiazione ascitizia rappresenta la stella assai maggiore del vero; il che è manifesto nella istessa Venere, la quale quando è sottilmente falcata, ed in conseguenza per pochi gradi separata dal Sole, si mostra in ogni modo, alla vista naturale, rotonda come l’altre stelle, ascondendo la sua figura tra l’irradiazione del suo splendore, per lo che non si può dubitare che ella ci si mostri assai maggiore che se fosse priva di lume; ed all’incontro, costituita sotto ’l lucidissimo disco del Sole, non è dubbio che il suo corpicello tenebroso verrebbe diminuito non poco (dico quanto all’apparenza) dall’ingombramento del fulgor del Sole: e però resta molto fallace il concluder che ella fussi per apparir eguale alle macchie di mediocre grandezza. E chi sa che tali macchie, per doverci apparire nel campo splendido del Sole, non sieno molto maggiori di quello che mostrano? Anzi che pur di ciò può esser ottimo testimonio a sè stesso il medesimo Apelle, riducendosi in mente quello che scrisse nella terza delle prime lettere, al secondo corollario, cioè: maculas satis magnas esse; alias Sol [fac. B 3, ver. 3; fac. 10, ver.ult. [pag. 31, lin. 12]] magnitudine sua illas irradiando penitus absorberet: e l’istesso conviene affermar del corpo di Venere. Doppiamente, adunque, si può errare nell’agguagliar la grandezza di Venere luminosa a quella delle macchie oscure, poi che quanto questa vien apparentemente diminuita dal vero, mediante lo splendor del Sole, tanto quella vien ingrandita.

Nè con maggior efficacia conclude quel che Apelle soggiugne in [Venere molto più piccola di quello che è stata tenuta] questo medesimo luogo, per mantenere pur Venere incomparabilmente piccola di quello che è e che io accennai nella prima lettera: e contro a quello che ci mostra il senso e l’esperienza, in vano si produce l’autorità d’uomini per altro grandissimi, li quali veramente s’ingannarono nell’assegnar il diametro visuale di Venere subdecuplo a quel del Sole; ma sono in parte degni di scusa, ed in parte no. Gli scusa in parte il mancamento del telescopio, venuto ad apportar agumento non piccolo alle scienze astronomiche; ma due particolari lasciano da desiderar qualche cosa nella diligenza loro. Uno è, che bisognava osservar la grandezza di Venere veduta di giorno, e non di notte, quando la capellatura de’ suoi raggi la rappresenta dieci o