Pagina:Le opere di Galileo Galilei V.djvu/421

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avvertimento. 417

è molto probabile che il codice del quale il Venturi si valse, fosse diverso da quella unico a noi noto1, così può credersi che nel manoscritto da lui adoprato siffatta data effettivamente non si trovasse. Non parrà, adunque, troppo lontano dal vero il pensare che il millesimo di cui discorriamo sia dovuto, nel nostro codice, al copista, il quale forse ve lo introdusse (o che l’autore avesse assegnato l’esempio ad un altr’anno, oppure si fosse limitato ad indicare soltanto il giorno ed il mese), perchè corresse appunto il 1638 quando egli esemplava il codice stesso; mentre la scrittura è molto verisimile sia stata dettata in una delle prime occasioni che il Nostro ebbe di offrire il trovato al governo spagnuolo. Anzi può ben darsi che la Proposta, in cui dell’importante invenzione si parla con tanto prudente riserbo e in termini così indeterminati, rappresenti la prima espressione del pensiero di Galileo su questo argomento, sul quale egli ebbe poi a tornare molte volte, ed egli l’abbia stesa nel 1612, forse con l’intenzione che il suo trovato fosse proposto alla Spagna appunto con questa scrittura: sia poi che essa fosse, o no, mandata effettivamente insieme con quella nota, pure dettata da Galileo, a cui sopra accennavamo.

Abbiamo pubblicato la Proposta di sul codice sopra citato, che è di buona lezione, così che ci occorse di correggere soltanto poche forme dialettali e qualche grafia2. Appiè di pagina abbiamo poi registrato, e contraddistinto con la sigla V, le varianti più notevoli offerte dalla stampa del Venturi3.

Alla Proposta facciamo seguire un’altra scrittura, del medesimo argomento e della medesima indole, che Galileo dettò quattro anni più tardi. Infatti, nella primavera del 1616 egli cercò di riattaccare con la Spagna le trattative, le quali furono condotte molto in lungo, ma nemmeno questa volta portarono ad alcun pratico resultato. Senza narrarne partitamente il corso, basta al nostro proposito il dire che, per consiglio del conte Orso d’Elci4, il quale era pur sempre ambasciatore a Madrid, il 13 novembre di quell’anno Galileo scrisse due lettere su questa materia, una al duca di Lerma e l’altra al conte di Lemos, personaggi molto potenti presso la corte del Re Cattolico; e a queste due lettere, che mandò al conte d’Elci perchè da lui fossero presentate, uni una «esplicazione in genere del suo trovato», acciò la conferisse ai due signori5

    un eclisse lunare che si faccia in quella città ne’ 20 Dicembre 1796». E si avverta che non solo l’opera del Nelli porta la data di stampa del 1793, ma esso Nelli morì il 25 dicembre 1793.

  1. Il Venturi, op. e loc. cit., dice d’aver tratto la Proposta dalla «regia Biblioteca di Parma», per mezzo d’Angelo Pezzana. Nonostante le più diligenti indagini, non abbiamo potuto trovare nella Palatina di Parma nè la Proposta nè altri «monumenti del Galileo e del P. Castelli» che il Venturi cita come esistenti colà; che anzi tali scritture neppure sono registrate negli antichi inventarii della biblioteca.
  2. Abbiamo corretto forsi (che ricorre più volte, ma non è costante) in forse, aggiongesi (pag. 421, lin. 14) in aggiungesi, e avvanzi e avvanzamenti.
  3. Vogliamo avvertire che il tratto pubblicato dal Nelli, nonostante le alterazioni da lui introdotte per adattarlo al proprio racconto, è più vicino al testo del codice da noi conosciuto che alla stampa del Venturi.
  4. Lettera di O. d’Elci a Curzio Picchena, da Madrid, 13 ottobre 1616, nell’Archivio di Stato in Firenze, Filza Medicea 4945.
  5. Lettera di Galileo a O. d’Elci, da Firenze, 13 novembre 1616, nelle Opere di Galileo Galilei.