Pagina:Le opere di Galileo Galilei V.djvu/97

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intorno alle macchie solari ecc. 97

tabile mostra di concluder necessariamente, le macchie non esser nell’aria, cioè vicine alla Terra, dentro a quello spazio che comunemente si assegna all’elemento dell’aria. Ma che le non possin esser nel corpo solare, non mi par con intera necessità dimostrato; perchè il dire, come egli mette nella prima ragione, non esser credibile che nel corpo solare siano macchie oscure, essendo egli lucidissimo, non conclude: perchè in tanto doviamo noi dargli titolo di purissimo e lucidissimo, in quanto non sono in lui state vedute tenebre o impurità alcuna; ma quando ci si mostrasse in parte impuro e macchiato, perchè non doveremmo noi chiamarlo e macolato e non puro? I nomi e gli attributi si devono accomodare all’essenza delle cose, e non l’essenza a i nomi; perchè prima furon le cose, e poi i nomi. La seconda ragione concluderebbe necessariamente, quando tali macchie fussero permanenti ed immutabili; ma di questa parlerò più di sotto.

Quello che in questo luogo vien detto da Apelle, cioè che le macchie apparenti nel Sole siano molto più negre di quelle che mai si siano vedute nella Luna, credo che assolutamente sia falso; anzi stimo che le macchie vedute nel Sole siano non solamente meno oscure delle macchie tenebrose che nella Luna si scorgono, ma che le siano non [Le macchie sono non meno lucide che le luminose parti della Luna.] quand’anche il Sole minoso parti della più direttamente l’illustra: e la ragione che a ciò creder m’induce, è tale. Venere nel suo esorto vespertino, ancor che ella sia di così gran splendor ripiena, non si scorge se non poi che è per molti gradi lontana dal Sole, e massime se amendue saranno elevati dall’orizonte; e ciò avviene per esser le parti dell’etere, circonfuse intorno al Sole, non meno risplendenti dell’istessa Venere: dal che si può arguire, che se noi potessimo por la Luna accanto al Sole, splendida dell’istessa luce che ella ha nel plenilunio, ella veramente resterebbe invisibile, come quella che verria collocata in un campo non meno splendente e chiaro della sua propria faccia. Ora pongasi mente, quando col telescopio, cioè con l’occhiale, rimiriamo il lucidissimo disco solare, quanto e quanto egli ci appar più splendido del campo che lo circonda; ed, in oltre, paragoniamo la negrezza delle macchie solari sì con la luce dell’istesso Sole come con l’oscurità dell’ambiente contiguo: e troveremo, per l’uno e per l’altro paragone, non esser le macchie del Sole più oscure del campo

9-10. doveremo, s — 15. Quello che vien da Apelle in questo luogo detto, B, s — 19-20. siano imi lucide, A, B; in B più è corretto, di mano di Galileo, in non meno. —