Pagina:Le opere di Galileo Galilei VI.djvu/263

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spinto a volerla pigliar meco; del che ho ben sentito qualche fastidio, perché più volentieri avrei impiegato questo tempo in qualch’altro studio più di mio gusto. Che il P. Grassi non avesse intenzione d’offender me nel tassar di poco intelligenti quelli che disprezzavano l’argomento preso dal poco ingrandimento della cometa per lo telescopio, lo voglio creder al Sarsi; ma se io per me stesso m’ero già dichiarato essere in quel numero, ben mi doveva esser tollerato ch’io producessi mie ragioni e difendessi la causa mia, e tanto più quanto ella era giusta e vera. Voglio ancora ammettere al Sarsi che ’l suo Maestro con buona intenzione si mettesse a sostenere quell’opinione, credendo di conservare ed accrescere la reputazione ed il pregio del telescopio contro alle calunnie di quelli che lo predicavano per fraudolente e per ingannator della vista, e così cercavano di spogliarlo de’ suoi ammirabili pregi: ma in questo fatto, quanto l’intenzion del Padre mi par lodevole e buona, tanto l’elezzione e la qualità delle difese mi si rappresenta cattiva e dannosa, mentr’ei vuole contro all’imposture de’ maligni fare scudo agli effetti veri del telescopio coll’attribuirgliene de’ manifestamente falsi. Questo non mi par buon luogo topico per persuader la nobiltà di tale strumento. Per tanto piaccia al Sarsi di scusarmi se io non vengo, con quella larghezza che forse gli par che convenisse, a chiamarmi e confessarmi obligato per li nuovi pregi ed onori arrecati a questo strumento. E con qual ragione pretend’egli che in me si debba accrescer l’obligo e l’affezzione verso di loro per li vani e falsi attributi, mentr’eglino, perché io col dir cose vere gli traggo d’errore, mi pronunzian la perdita della loro amicizia?

Segue appresso, e, non so quanto opportunamente, s’induce a chiamare il telescopio mio allievo, ma a scoprire insieme come non è altrimenti mio figliuolo. Che fate, signor Sarsi? Mentre voi sete su ’l maneggio d’interessarmi in oblighi grandi per li beneficii fatti a questo ch’io reputavo mio figliuolo, mi venite dicendo che non è altro ch’un allievo? Che rettorica è la vostra? Avrei più tosto creduto che in tale occasione voi aveste avuto a cercar di farmelo creder figliuolo, quando ben voi foste stato sicuro che non fusse. Qual parte io abbia nel ritrovamento di questo strumento, e s’io lo possa ragionevolmente nominar mio parto, l’ho gran tempo fa manifestato nel mio Avviso Sidereo, scrivendo come in Vinezia, dove allora mi ritrovavo,