Pagina:Le opere di Galileo Galilei VI.djvu/310

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avete scoperte e ributtate: il che sin qui si è da me osservato, e nel restante s’osserverà non meno.

Ma venendo al fatto, qual cagione vi muove a scrivere che noi abbiamo sommamente voluto, ma non potuto dissimulare che movendosi la cometa di semplice moto retto, fusse necessario ch’ella andasse sempre verso il vertice, né da quello declinasse già mai? Chi ha fatto avvertito voi di tal conseguenza, altri che l’istesso signor Mario che la scrive? la quale al sicuro a voi avrebbe egli potuto dissimulare, e voi, per vostra benignità, avereste dissimulata la sua dissimulazione. Ma che più? Voi stesso due soli versi di sopra scrivete che io ingenuamente ho confessato di non sapere o non ardir di sciorre cotal ragione da me prodotta, ed accanto accanto soggiungete ch’io massimamente avrei voluto dissimularla: e qual contradizzion è questa, che uno ingenuamente porti e scriva e stampi una proposizione, e sia il primo a portarla e scriverla e stamparla, e che voi poi diciate, lui aver grandemente desiderato di dissimularla ed asconderla? Veramente, signor Lottario, voi siete molto bisognoso che nel lettore sia una gran semplicità ed una piccola avvertenza.

Or veggiamo se in questo detto, dove nulla si trova di nostra simulazione, ve ne fusse per sorte di quella del Sarsi. E certo in poche parole ve n’è più d’una. E prima, per aprirsi il campo a dichiararmi per tanto ignorante geometra che non abbia capito quelle conseguenze che per lor dimostrazione non ricercano maggiore scienza che di alcune poche e tritissime proposizioni del primo libro degli Elementi, egli mi fa dir quello che già mai non s’è detto né scritto; e mentre noi diciamo, che se la cometa si movesse di moto retto, ci apparirebbe muoversi verso il vertice e zenit, esso vuole che noi abbiamo detto ch’ella, movendosi, dovesse arrivare al vertice e zenit. Qui bisogna che il Sarsi confessi, o di non avere inteso quel che vuol dir muoversi verso un luogo,o d’aver voluto con finzione e simulazione attribuirci una falsità. Il primo non credo che possa essere, perché così verrebbe anco a stimare che il dir navigare verso il polo e tirar una pietra verso il cielo importasse che la nave arrivasse al polo e la pietra in cielo: adunque resta ch’egli, dissimulando d’intender il vero scritto da noi, ci attribuisca il falso per poter poi attribuirci le non meritate note. Di più, non sinceramente riferisce egli le presenti parole del signor Mario anco in un altro particolare;