Pagina:Le opere di Galileo Galilei VI.djvu/343

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crediamo ch’una freccia fredda, tirata coll’arco, s’infuochi; anzi crediamo che, tirandola infocata, più presto si raffredderebbe che tenendola ferma: e questo non è schernire, ma dir semplicemente il suo concetto. A quello poi ch’ei soggiunge, non esserci succeduto il convincer cotale esperienza, perché non Aristotile solo, ma moltissimi altri grand’uomini ànno creduto e scritto il medesimo, rispondo che se è vero che per convincere il detto d’Aristotile bisogni far che quei molti altri non l’abbian creduto né scritto, né io né ’l signor Mario né tutto il mondo insieme lo convinceranno già mai, perché mai non si farà che quei che l’ànno scritto e creduto non l’abbian creduto e scritto: ma dico bene, parermi cosa assai nuova che, di quel che sta in fatto, altri voglia anteporre l’attestazioni d’uomini a ciò che ne mostra l’esperienza. L’addur tanti testimoni, signor Sarsi, non serve a niente, perché noi non abbiamo mai negato che molti abbiano scritto e creduto tal cosa, ma sì bene abbiamo detto tal cosa esser falsa; e quanto all’autorità, tanto opera la vostra sola quanto di cento insieme, nel far che l’effetto sia vero o non vero. Voi contrastate coll’autorità di molti poeti all’esperienze che noi produciamo. Io vi rispondo e dico, che se quei poeti fussero presenti alle nostre esperienze, muterebbono opinione, e senza veruna repugnanza direbbono d’avere scritto iperbolicamente o confesserebbono d’essersi ingannati. Ma già che non è possibile d’aver presenti i poeti, i quali dico che cederebbono alle nostre esperienze, ma ben abbiamo alle mani arcieri e scagliatori, provate voi se, coll’addur loro queste tante autorità, vi succede d’avvalorargli in guisa, che le frecce ed i piombi tirati da loro s’abbrucino e liquefacciano per aria; e così vi chiarirete quanta sia la forza dell’umane autorità sopra gli effetti della natura, sorda ed inessorabile a i nostri vani desiderii. Voi mi direte che non ci sono più gli Acesti e Mezenzii o lor simili Paladini valenti: ed io mi contento che, non con un semplice arco a mano, ma con un robustissimo arco d’acciaio d’un balestrone caricato con martinelli e leve, che a piegarlo a mano non basterebbe la forza di trenta Mezenzii, voi tiriate una freccia o dieci o cento; e se mai accade che, non dirò che ’l ferro d’alcuna s’infuochi o ’l suo fusto s’abbruci, ma che le sue penne solamente rimangano abbronzate, io voglio aver perduta la lite, ed anco la grazia vostra, da me grandemente stimata. Orsù, signor Sarsi, io non vi voglio più tener sospeso: