Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/14

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6 avvertimento.

Qual parte in tutto ciò abbia avuta Federico Cesi, non risulta affatto: certo è che, se Galileo contava sull’appoggio di lui, questo gli venne meno improvvisamente, poichè il 1° d’agosto il Principe dei Lincei mancava ai vivi. E di appoggi per condurre a felice conclusione le iniziate trattative Galileo aveva grandissimo bisogno, che le cose non erano così lisce come avrebbero potuto far credere il surriferito dispaccio dell’ambasciatore e la ottenuta licenza. Galileo stesso ne doveva essere convinto, se, partendo da Roma, aveva annunziato agli amici che presto vi sarebbe tornato1: di tornarvi infatti aveva, preso impegno col P. Riccardi, per accomodare con lui «alcune coselle nel proemio2 e dentro l’opera stessa»3. E forse con questi ragionevoli timori si connette il tentativo fatto da Galileo appresso il Baliani, nell’agosto del 1630, per far stampare il suo libro a Genova4.

Intanto, che dopo la partenza del Nostro da Roma nuove difficoltà fossero sorte, appare da quello che il 24 agosto 1630 il Castelli scriveva a Galileo: «Per molti degni rispetti, che io non voglio mettere in carta ora..., crederei che fosse ben fatto che V. S. M. I. facesse stampare il suo libro costì in Firenze, e lo facesse quanto prima». Il Castelli aggiunge d’aver trattato in proposito col P. Visconti, e d’aver ricevuto in risposta che a ciò non v’era «difficoltà di sorte alcuna, e che desidera sopra modo che venga alla luce questa opera»5. Galileo rispondeva con una lettera, la quale ne accompagnava un’altra per il P. Maestro: in queste lettere (oggi ambedue perdute) doveva egli pregare d’essere esonerato dal recarsi a Roma, allegando il motivo della peste che andava serpeggiando, e chieder l’assenso di stampare il libro in Firenze; poichè il P. Maestro gli faceva sapere, esser necessario, prima che fosse data tale licenza, «mandare una copia del libro qui in Roma, per agiustare insieme con Mons. Ciampoli quanto bisogna», ed il Castelli aggiungeva, da parte sua, stimare tale invio «assolutamente necessario»6. Tal cosa però non piaceva a Galileo, ed era inoltre resa malagevole dalla difficoltà dei passi, a motivo del contagio. Qui entra direttamente in campo la Caterina Riccardi Niccolini, la cui mediazione Galileo interpose appresso il P. Riccardi, ottenendo, almeno in parte, l’effetto desiderato; poichè l'ambasciatrice di Toscana gli scrive, sotto il dì 19 ottobre, che il Padre Maestro «è veramente, al solito, tutto suo, e per servirla in quel che può, dice che si contenterà che V. S. non mandi il libro intero da rivedersi, ma solo il principio ed il fine, con questa condizione però, che il medesimo libro sia rivisto da un Padre teologo della sua religione costì in Firenze, il quale sia solito di riveder libri ed adoperato a quest’effetto da’ Superiori di cotesta città»7. Il revisore, scelto da Galileo, fu il P. Giacinto Stefani, e la scelta fu, dopo qualche difficoltà8, ratificata dal P. Riccardi, il quale però insistè per vedere egli stesso il proemio e la fine del libro e per mandare al revisore «un poco d’instruzzione in questo proposito»9. Se non che, non ostante le promesse fatte all’ambasciatrice e ripetute anche al Castelli10, l’ordine al P. Stefani, col quale tali promesse avrebber dovuto aver seguito, non giungeva da Roma. Con

  1. Lettera di Gio. Ciampoli a Galileo del 13 luglio 1630 (Mss. Gal., Par. I, T. IX, car. 202).
  2. Copia del proemio Galileo aveva lasciata al Mss. P. Castelli. Cfr. la lettera di Caterina Riccardi Niccolini a Galileo del 17 novembre 1630 (Mss. Gal., Par. I, T. XIII, car. 132).
  3. Lettera di Benedetto Castelli a Galileo del settembre 1630 (Mss. Gal., Par. I, T. IX, car. 220).
  4. Lettera di G. B. Baliani a Galileo del 26 ottobre 1630 (Mss. Gal., Par. VI, T. XI, car. 116).
  5. Mss. Gal., Par. I, T. IX, car. 212.
  6. Citata lettera del 21 settembre 1630.
  7. Mss. Gal., Par. I, T. XIII, car. 125.
  8. Lettera di Francesco Niccolini ad Andrea Cioli del 16 marzo 1631 (Mss. Gal., Par. I, T.II, car.21).
  9. Lettera di Caterina Riccardi Niccolini a Galileo del 17 novembre 1630 (Mss. Gal., Par. I, T. XIII, car. 132).
  10. Lettera di Benedetto Castelli a Galileo del 30 novembre 1630 (Mss. Gal., Par. I, T. IX, car. 224).