Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/287

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giornata seconda 279

conferenza dell’orbe magno, non sia questa dove noi abitiamo, ma un’altra separata, perchè questa nostra conduce seco noi ancora, con la medesima velocità sua e dell’aria circostante: e qual ferita possiam noi sentire, mentre fuggiamo con egual corso a quello di chi ci vuol giostrare? Questo signore s’è scordato che noi ancora siamo, non men che la Terra e l’aria, menati in volta, e che in conseguenza sempre siamo toccati dalla medesima parte d’aria, la quale però non ci ferisce.

Simp. Anzi no: eccovi le parole che immediatamente seguono: Præterea nos quoque rotamur ex circumductione Terræ etc. (25)

Salv. Ora non lo posso più nè aiutare nè scusare; scusatelo voi e aiutatelo, signor Simplicio.

Simp. Per ora, così improvvisamente, non mi sovvien difesa di mia sodisfazione.

Salv. Ombé, ci penserete stanotte, e difenderetelo poi domani: intanto sentiamo l’altre opposizioni.

Simp. [In via dei Copero bisogna negar le sensazioni.]Séguita pur l’istessa instanza, mostrando che in via del Copernico bisogna negar le sensazioni proprie. Imperocchè questo principio, per il quale noi andiamo intorno con la Terra, o è nostro intrinseco, o ci è esterno, cioè un rapimento di essa Terra: e se questo secondo è, non sentendo noi cotal rapimento, convien dire che ’l senso del tatto non senta il proprio obietto congiunto, nè la sua impressione nel sensorio; ma se il principio è intrinseco, noi non sentiremo un moto locale derivante da noi medesimi, e non ci accorgeremo mai di una propensione perpetuamente annessa con esso noi.

Salv. Talchè l’instanza di questo filosofo batte qua, che, sia quel principio, per il quale noi ci moviamo con la Terra, o esterno o interno, dovremmo in ogni maniera sentirlo, e non lo sentendo, non è nè l’uno nè l’altro, e però noi non ci moviamo, nè in conseguenza la Terra. [Il moto nostro può essere o interno o esterno, senz'esser da noi compreso o sentito.]Ed io dico che può essere nell’un modo e nell’altro, senza che noi lo sentiamo. E del poter esser esterno, l’esperienza della barca rimuove ogni difficultà soprabbondantemente: e dico soprabbondantemente, perchè, potendo noi a tutte l’ore farla muovere ed anco farla star ferma, e con grand’accuratezza andare osservando se da qualche diversità, che dal senso del tatto possa esser compresa, noi possiamo imparare ad accorgerci se la si muova o no, vedendo che per ancora non si è acquistata tale scienza, a che maravigliarsi