Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/353

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giornata terza. 345

golo acuto di quello che si forma da i lati del sestante: il qual angolo de’ raggi differisce anco da se stesso, mentre si riguardano stelle poco elevate sopra l’orizonte e le medesime poi poste in grande altura. Si fa, dice, tal angolo differente, mentre si vadia elevando lo strumento, tenendo ferma la testa: ma se nell’alzar il sestante si piegasse il collo indietro e si andasse elevando la testa insieme con lo strumento, l’angolo allora si conserverebbe l’istesso: suppone dunque la risposta dell’autore che gli osservatori, nell’uso dello strumento, non abbiano alzato la testa conforme al bisogno, cosa che non ha del verisimile. Ma posto anco che così fusse seguito, lascio giudicare a voi qual differenza può essere tra due angoli acuti di due triangoli equicruri, i lati dell’uno de i quali triangoli siano lunghi ciascuno quattro braccia, e quelli dell’altro quattro braccia meno quant’è il diametro d’una lente; chè assolutamente non maggiore può essere la differenza tra la lunghezza delli due raggi visivi mentre la linea vien tirata perpendicolarmente dal centro della pupilla sopra il piano dell’aste del sestante (la qual linea non è maggiore che la grossezza del pollice), e la lunghezza de i medesimi raggi mentre, elevandosi il sestante senza alzar insieme la testa, tal linea non cade più a perpendicolo sopra detto piano, ma inclina, facendo l’angolo verso la circonferenza alquanto acuto  1. Ma per liberare in tutto e per tutto questo autore da queste infelicissime mendicità, sappia (già che si vede che egli non ha molta pratica nell’uso de gli strumenti astronomici) che ne i lati del sestante o quadrante si accomodano due traguardi, uno nel centro e l’altro nell’estremità opposta, i quali sono elevati un dito o più dal piano dell’aste e per le sommità di tali traguardi si fa passar il raggio dell’occhio, il quale occhio si tiene anco remoto dallo strumento un palmo o due o più ancora; talchè nè pupilla, nè osso di gota, nè di tutta la persona, tocca nè si appoggia allo strumento; il quale strumento nè meno si sostiene o si eleva a braccia1, e massime se saranno di quei grandi, come si costuma,

  1. la circonferenza del sestante alquanto - Dopo alquanto acuto nell’autografo continua: E con questi miserandi sutterfugii, che non lo possano sollevare di un centesimo di un minuto, si persuade di darci a credere ecc. (cfr. pag. 346, lin. 5), mancando il tratto da Ma per liberare a svanisce (pag. 346, lin. 3).
  1. L’edizione originale legge si eleva in braccia; ma nell’esemplare di quest’edizione, eli’ è oggi posseduto dalla Biblioteca del Seminario di Padova, Galileo corresse di suo proprio pugno in braccia in a braccia.