Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/473

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giornata quarta. 465

d’obbedire al suo moto, se non in quanto l’asprezza della superficie terrestre ne rapisce e seco porta una parte a sé contigua, che di non molto intervallo sopravanza le maggiori altezze delle montagne: [Parte vaporosa vicina alla Terra partecipa de' suoi movimenti.]la qual porzion d’aria tanto meno dovrà esser renitente alla conversion terrestre, quanto che ella è ripiena di vapori fumi ed esalazioni, materie tutte participanti delle qualità terrene, e per conseguenza atte nate per lor natura a i medesimi movimenti. Ma dove mancassero le cause del moto, cioè dove la superficie del globo avesse grandi spazii piani e meno vi fusse della mistione de i vapori terreni, quivi cesserebbe in parte la causa per la quale l’aria ambiente dovesse totalmente obbedire al rapimento della conversion terrestre; sì che in tali luoghi, mentre che la Terra si volge verso oriente, si devrebbe sentir continuamente un vento che ci ferisse spirando da levante verso ponente, e tale spiramento devrebbe farsi più sensibile dove la vertigine del globo fusse più veloce; il che sarebbe ne i luoghi più remoti da i poli e vicini al cerchio massimo della diurna conversione. Ma già de facto l’esperienza applaude molto a questo filosofico discorso: poichè ne gli ampi mari e nelle lor parti lontane da terra e sottoposte alla zona torrida, cioè comprese da i tropici, [Aura perpetua dentro a i tropici spira verso occidente.
Navigazioni verso l'Indie Occidentali facm, e difficile il ritorno.]
dove anco l’evaporazioni terrestri mancano, si sente una perpetua aura muovere da oriente, con tenor tanto costante, che le navi mercé di quella prosperamente se ne vanno all’Indie Occidentali, e dalle medesime, sciogliendo da i lidi messicani, solcano con ’l medesimo favor il Mar Pacifico verso l’Indie, orientali a noi, ma occidentali a loro; dove che, per l’opposito, le navigazioni di là verso oriente son difficili ed incerte, nè si possono in maniera alcuna far per le medesime strade, ma bisogna costeggiar più verso terra per trovare altri venti, per così dire, accidentarii e tumultuarii, cagionati da altri principii, sì come noi abitanti tra terra ferma continuamente sentiamo per prova: delle quali generazioni di venti molte e diverse son le cagioni, che al presente non accade produrre; e questi venti accidentarii son quelli [Venti da terra perturbano i mari.]che indifferentemente spirano da tutte le parti della Terra, e che perturbano i mari remoti dall’equinoziale e circondati dalla superficie aspra della Terra, che tanto è quanto a dire sottoposti a quelle perturbazioni d’aria che confondono quella primaria espirazione, la quale, quando mancassero questi impedimenti accidentarii, si devrebbe perpetuamente sentire, e massime sopra mare. Or vedete, come gli