Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/496

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488 dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.

metter per una vanissima chimera e per un solennissimo paradosso: e voi, signor Sagredo, se ben ne i discorsi avuti avete molte volte con grand’applauso mostrato di rimaner appagato d’alcuno de’ miei pensieri, ciò stimo io che sia provenuto, in parte, più dalla novità che dalla certezza di quelli, ma più assai dalla vostra cortesia, che ha creduto e voluto co ’l suo assenso arrecarmi quel gusto che naturalmente sogliamo prendere dall’approvazione e laude delle cose proprie. E come a voi mi ha obbligato la vostra gentilezza, così m’è piaciuta l’ingenuità del signor Simplicio; anzi la sua costanza nel sostener con tanta forza e tanto intrepidamente la dottrina del suo maestro, me gli ha reso affezionatissimo: e come a Vossignoria, signor Sagredo, rendo grazie del cortesissimo affetto, così al signor Simplicio chieggio perdono se tal volta co ’l mio troppo ardito e resoluto parlare l’ho alterato; e sia certo che ciò non ho io fatto mosso da sinistro affetto, ma solo per dargli maggior occasione di portar in mezo pensieri alti, onde io potessi rendermi più scienziato.

Simp. Non occorre che voi arrechiate queste scuse, che son superflue, e massime a me, che, sendo consueto a ritrovarmi tra circoli e pubbliche dispute, ho cento volte sentito i disputanti non solamente riscaldarsi e tra di loro alterarsi, ma prorompere ancora in parole ingiuriose, e talora trascorrere assai vicini al venire a i fatti. Quanto poi a i discorsi avuti, ed in particolare in quest’ultimo intorno alla ragione del flusso e reflusso del mare, io veramente non ne resto interamente capace; ma per quella qual si sia assai tenue idea che me ne son formata, confesso, il vostro pensiero parermi bene più ingegnoso di quanti altri io me n’abbia sentiti, ma non però lo stimo verace e concludente: anzi, ritenendo sempre avanti a gli occhi della mente una saldissima dottrina, che già da persona dottissima ed eminentissima appresi ed alla quale è forza quietarsi, so che amendue voi, interrogati se Iddio con la Sua infinita potenza e sapienza poteva conferire all’elemento dell’acqua il reciproco movimento, che in esso scorgiamo, in altro modo che co ’l far muovere il vaso contenente, so, dico, che risponderete, avere egli potuto e saputo ciò fare in molti modi, ed anco dall’intelletto nostro inescogitabili. Onde io immediatamente vi concludo che, stante questo, soverchia arditezza sarebbe se altri volesse limitare e coartare la divina potenza e sapienza ad una sua fantasia particolare.